The War - Il pianeta delle scimmie

Con The War Matt Reeves imposta un viaggio lungo l'immaginario cinematografico americano, volto a garantire un futuro ai corpi iconici che lo hanno animato.

Che il blockbuster digitale americano abbia ormai raggiunto importanti livelli di elaborazione stilistica e narrativa è cosa nota. Il carattere fluviale di molti di essi è funzionale alla costituzione di un’esperienza totalizzante strettamente connessa alla fruizione in sala. Nell’epoca di video on demand e di consumo domestico la sala cinematografica, lungi dall’essere un luogo del passato in cui il film stenta a venire alla luce, continua a confermarsi come un tassello irrevocabile attraverso cui (ri)pensare il discorso sul futuro del cinema. Ma in che modo il digitale favorisce il traghettamento verso il domani delle grandi narrazioni e dei personaggi archetipici del cinema americano classico?

Da un lato, ed il recente Life ne è la testimonianza, l’orizzonte umano può finire completamente sottomesso al monstrum/alieno, e la spersonalizzazione dello sguardo accompagna qui la creazione di un mondo videoludico che può fare a meno dell’umano.

Sul versante opposto, invece, la contaminazione con la frontiera digitale è avvenuta attraverso la conservazione di stilemi classici. In tal senso, la recente saga reboot de Il Pianeta delle Scimmie si è affermata come una miniera di percorsi di senso da attraversare ed esplorare. I tre episodi (Rise, Dawn e War) segnano l’evoluzione di Cesare, il leader dei primati, in parallelo alle strategie di messa in scena e delle tecnologie digitali necessarie alla creazione e animazione delle scimmie. Al centro di questa esperienza cinematografica vi è proprio Cesare, ultimo figlio(l prodigo) degli uomini emerso dall’esercizio di un potere sul filo di etica e morale. Ogni tentativo di conoscere il diverso e di consentire la coesistenza tra culture lontane tra loro è fallito nel corso del secondo episodio. La guerra è ormai inevitabile. E The War – Il Pianeta delle Scimmie, nella visione di Matt Reeves (padre adottivo del muscolare Batman di Ben Affleck, destinato ad approdare verso lidi noir), si apre come un film di guerra («is it future or is it past?»).

Dei piani ravvicinati seguono un gruppo di soldati al fronte, pronti a tendere un’imboscata ad un contingente di primati. Dal canto loro, le scimmie riescono a sfruttare il favore del campo di battaglia per ribaltare la situazione, sotto la saggia guida di Cesare, animato da Andy Serkis. La compresenza di sentimenti e raziocinio raggiunge lo zenit nella creatura realizzata dalla WETA di Peter Jackson, un essere sintetico animato tuttavia da un corpo vivente, sguardo che consente la sopravvivenza dell’umano nella nuova veste artificiale. Un’evoluzione, tornando agli albori del cinema digitale, del David di A.I. - Intelligenza artificiale, già allora corpo che imita un’essenza extra-umana.

Un primo punto di vibrazione del testo filmico è dato dall’agguato che il malvagio colonnello di Woody Harrelson compie ai danni di Cesare. L’uccisione di figlio e moglie muta l’orizzonte del film, provocando la migrazione dal war movie al western puro ed un’ulteriore evoluzione caratteriale nel leader dei primati. Il gruppo parte alla ricerca di un nuovo eden in cui riaffermarsi come collettività e scrivere un nuovo discorso sociale, verso un futuro che deve essere costruito sui pilastri dell’immaginario classico: e allora via, lungo un percorso privo di coordinate geofisiche, i tempi si dilatano, le inquadrature si allargano, il deserto si afferma ancora come luogo liminale in cui definire la propria identità. Ma Cesare si separa dal gruppo per perseguire la propria vendetta privata, accompagnato da due suoi fedelissimi. Ogni singola tappa di questa passione trasformerà il leader in una figura cristologica in grado di scatenare l’apocalisse in un lager che richiama ancora alla memoria il film di Kubrick/Spileberg, con le sue Fiere della Carne. Ed il corpo umano torna ad essere centro assoluto, in grado di creare, demolire e portare a nuova luce l’immagine.

Tra ridondanze appassionate e discorsi che cadono in un eccesso di retorica, Matt Reeves compie un viaggio lungo il cinema, alla ricerca di un futuro (e di una nuova casa) da garantire ai suoi corpi iconici, regalando una storia di ammaliante potenza. Raccontando le tenebre e i fantasmi di ogni cuore e senza mai dimenticare la forza che le emozioni rivestono nell’ambito delle narrazioni popolari condivise. Da fruire rigorosamente in sala, homecoming in piena regola.

Autore: Matteo Marescalco
Pubblicato il 25/07/2017

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