Demonic

di Neil Blomkamp

Il primo incontro ravvicinato di Neil Blomkamp con l'horror si risolve in un film a tratti inventivo ma prigioniero di una storia troppo esile e prevedibile

Demonic - recensione film blomkamp

C'era da aspettarselo che Neil Blomkamp, una carriera legata a doppio filo alla Sci-Fi, non avrebbe rinunciato alle sue distopie nemmeno nella prima vera incursione fuori dal genere. Demonic ne è l'esempio: un film capace di conservare lo sguardo del regista di District 9Elysium e Humandroid persino quando alle prese con una storia di possessione altrimenti scontata e derivativa. Derivativa lo è di certo, del resto, la vicenda di Carly (Carly Pope), donna segnata dall'assenza di una madre (Nathalie Boltt) dal passato oscuro e ingombrante mai del tutto chiarito. Eppure è il modo in cui il film evolve e degenera a riservare qualche sorpresa. Perché la madre di Carly è in coma, e il solo modo per la figlia di parlare ancora con lei è attraverso una simulazione virtuale che le permetta di accedere al subconscio della donna.

È così che, nelle sequenze senza dubbio più interessanti del film, la realtà fa posto a una simulazione che non si accontenta di guardare agli esempi di serie come Black Mirror o di film come The Cell, ma ricalca l'estetica concreta di una possibile e credibile realtà virtuale. Grazie all'apporto della sua casa di produzione Oats Studios, all'avanguardia nella sperimentazione digitale e nella motion capture, Blomkamp, attraverso una tecnologia di “acquisizione volumetrica”, dà così vita alla sua personale simulazione. Il risultato è un mondo dalla resa videoludica prossimo (imperfezioni comprese, tra glitch e mari di pixel) a The Sims, in cui Carly e il suo avatar geometrico si ritrovano a indagare i lati oscuri di una madre vista ora, forse, per la prima volta. È questo approccio paradossalmente realistico alla materia, attraverso una lieve distopia innestata però in un presente tale e quale al nostro, a fare così di Demonic un horror anomalo. Uno scavo nella psiche alla ricerca di un Altro inevitabilmente in agguato.

È quando però l'Altro arriva, uscendo dalla simulazione e irrompendo nella realtà, che Demonic mostra il fianco. Perché alla trovata funzionale della realtà virtuale si sovrappone, a questo punto, un horror demoniaco dalle tinte folk estremamente prevedibile. Messe da parte le allegorie politiche dei film precedenti, ma anche le implicazioni etiche sull'uso delle nuove tecnologie, il film preferisce infatti restare puntato sulla sua protagonista e sul suo dramma famigliare, lasciando (fortunatamente) sullo sfondo anche quel mondo sotterraneo fatto di preti scienziati ed esorcisti guerrieri che si cominciava a delineare. Ma se Blomkamp ha l'accortezza di non perdersi in digressioni pericolosamente vicine al fantasy (per un momento torna alla mente il Constantine di Francis Lawrence), non è altrettanto abile nel gestire le dinamiche e i tempi tipici dell'horror puro, tra allucinazioni ridondanti e citazioni sin troppo risapute. Una discontinuità evidente che fa inciampare a più riprese un film in cui, paradossalmente, è proprio l'anima fantascientifica sepolta al suo interno a fare, ancora una volta, più paura.

Autore: Mattia Caruso
Pubblicato il 21/10/2021
Canada 2021
Regia: Neil Blomkamp
Durata: 104 minuti

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