Ash Vs. Evil Dead (Pilot)
Dopo trent’anni tornano il mitico Ash e la sua (in)separabile sega elettrica. Ash vs. Evil Dead, Sam Raimi alla conquista della tv.
Ci sono tanti modi per fare cinema in televisione. Si può restare autoriali, senza perdere la tenerezza. Oppure votarsi alla serialità con malcelata insofferenza. Oppure ancora, percorrere strade incognite, in cui la dimensione finzionale incontra la ricostruzione documentale. I pionieri, poi, cambiano verso, originando dalla tv i film per il cinema. Soderbergh, Fincher, Campion, del Toro, Padilha, Wachowsky, Shyamalan, Sollima, solo per citare alcuni tra i più fulgidi esempi di transumanza dal grande al piccolo schermo. Poi arriva Raimi, ed è subito rivoluzione.
Raimi è l’unico che può permettersi di utilizzare le restrizioni della censura come manifesto teorico programmatico: adult content, adult language, brief nudity, graphic violence, strong sexual content si legge sullo schermo in fase intro, ed è appunto solo l’inizio dell’apoteosi, delle 10 puntate che tutti aspettavano da 30 anni: Ash vs Evil Dead, e sia giustizia per tutti.
E’ noto come la trilogia de La Casa abbia nutrito l’immaginario pop dagli anni 80 ad oggi. Tanti sono i film che ne omaggiano la genialità, a partire da Nightmare on Elm Street, quasi coevo del primo capitolo, per arrivare al Donnie Darko che è film esegetico di quell’epoca. La miscela tra gore e ironia era il frutto di un gioco di amici che coinvolgeva i Raimis (oltre a Sam, i suoi fratelli Ivan e Ted, collaboratori di sempre) e Bruce Campbell, nelle vesti di produttore e protagonista. Bruce, il prototipo del badass, gradasso, gigione, imbranato ma prorompente, un dilettante sovversivo, catapultato in un genere popolato da villain carismatici e final girls o final boys. Con Evil Dead Campbell è mutato in Ashley ’Ash’ J. Williams, irreversibilmente, croce (capovolta) e delizia di una carriera intera: ha bazzicato cinema e tv come comprimario, prestando la voce a innumerevoli cartoni animati, e videogame - derive di quella cultura pop di cui è icona immortale -, quasi la voce fosse metamorfica invece del corpo dell’attore. Fino al 2002, quando un altro geniaccio del decennio glitterato, Don Coscarelli (Phantasm I e II), gli ha appiccicato addosso il ruolo di un Elvis Presley bolso indagatore dell’incubo, per Bubba Ho-tep. Ecco, Ash vs.Evil Dead sembra prendere le mosse dall’ultima volta in cui Bruce è stato Ash (L’Armata delle Tenebre, 1992), passando attraverso Bubba Ho-tep: all’oggi, guardiamo Ash vivere in una casa mobile (una non casa, un non luogo quindi), un sordido camper dove sverna nell’oblio del mondo. Il corpo è appesantito dagli anni e dall’alcool, una mano di legno da nazista d’accatto cela il moncherino di guerra, una pancera in cuoio non sopperisce alla forma perduta, ma lo spirito è indomito, così la voglia di avventure erotiche da consumarsi nel retro di un bar di provincia. Qui, al culmine di una performance in doggy style, ricompaiono i cari vecchi demoni che possiedono e trasfigurano corpi, per minacciare l’ultima nemesi. A risvegliare l’abominio ci aveva pensato lui stesso, sotto effetto cannabinoide, quando aveva declamato alcuni passi del “suo” Necronomicon per sedurre la compagna di una sera. L’apocalisse incombe, la porta degli Inferi è di nuovo aperta, ma stavolta Ash non è il solo baluardo delle improbabili forze del bene: ad aiutarlo una poliziotta, intervenuta a spappolare suo malgrado alcuni neodemoni, e poi una coppia di colleghi di lavoro. Già, perché l’eroe sbarca il lunario lavorando in un Eldo (altro non luogo), nel cui magazzino viene aggredito da una piccola bambola assassina in uno dei momenti più alti della storia dell’horror.
La prima delle 10 puntate di Ash vs Evil Dead pare sia l’unica ad esser diretta da Raimi, produttore della serie. Più che un pilot, è una sorta di aggiornamento del personaggio. Al regista demiurgo non interessa conferire ad Ash un’esistenza o dei ricordi del periodo non rappresentato, il gioco adesso sta nell’avere un badass ultracinquantenne consapevole degli acciacchi e nel trattarlo come una vecchia rockstar, non in disarmo però, perché Ash è armatissimo. Ha il fucile a pompa, ha ovviamente la sega elettrica, l’utensile rotante nella più nobile delle funzioni d’uso , a cui si ricongiunge in un volo al ralenty sospeso tra Jeeg Robot e John Woo.
El Jefe, la puntata trasmessa dalla pay tv a stelle e strisce Starz, dura solo 38 minuti, un niente rispetto alla prolissità ed alla prosaicità delle ouverture altre, ed è già culto, rewatching necessario contrapposto all’overdose di binge watching ridondante. Se qualcuno aveva posto la pietra tombale sul 2015, aveva fatto i conti senza Campbell e Raimi: via la pietra, che i demoni tornino a divertirci nei secoli dei secoli!