Gasoline Rainbow
Prodotto da MUBI, il primo film di finzione dei fratelli Ross è un ibrido impastato di documentarismo sincero e dal cuore aperto, un road movie elegiaco sull'adolescenza popolato di personaggi cui non si può voler bene.
“Non c’è niente di male a celebrare una vita semplice”. Il senso ultimo del nuovo film dei fratelli Ross (Bill Ross IV e Turner Ross) lo regala Gary, metallaro di Portland amante di vela e di Tolkien, mentre cita Il Signore degli Anelli, seleziona The Shire di Howard Shore da Amazon Music e prepara per i suoi viandanti una colazione a base di frutta e caffè. Suoi ospiti sono Tony, Micah, Nichole, Nathaly e Makai, cinque adolescenti dell’Oregon che dalla provincia profonda del Midwest si sono imbarcati per un viaggio on the road alle volte del Pacifico, a cinquecento miglia di distanza. L’occasione è la fine del liceo, e la volontà di raggiungere come meta ultima La Festa alla Fine del Mondo. Il resto è da vedersi, l’importante è mettersi in viaggio e celebrare assieme la propria amicizia e giovinezza, gli anni magnifici in cui tutto si schiude davanti come una prateria luminosa attraversata dal vento. Not all those who wander are lost, a proposito di Tolkien.
Gasoline Rainbow è un film di cose semplici, ma certo non un film semplice. Anzitutto per l’abilità gentile con cui mescola senza soluzione di continuità documentario e finzione, improvvisazione e scrittura. I fratelli Ross sono una presenza costante eppure invisibile all’interno del gruppo, tracciano le coordinate delle varie situazioni e poi creano l’illusione di svanire a latere, come se la vita facesse semplicemente il suo corso nell’eccezionalità di coincidenze e incontri e scoperte generatesi lungo la strada. I ragazzi attraversano così feste, ritrovi di outsiders, rifugi metal dal sapore fantasy, feste ai confini della notte, sempre assieme e sempre sorridenti, sorpresi, occhi spalancati, pronti ad affrontare ogni imprevisto al riparo della loro amicizia. Loro compagni di avventura sono soprattutto personaggi al margine della società, eccentrici o semplicemente viandanti, volti e corpi che appartengono alla strada, ai rifugi di periferia, agli angoli meno visibili e raccontati. La mitologia del road movie si mescola al canto di outcast dal cuore d’oro, un viaggio attraverso Oz rinarrato nelle forme dell’elegia adolescenziale, dell’epica umanista, dell’illusione cinematografica per cui almeno qui, nei confinamenti di quest’avventura dal sapore favolistico e magico, tutto possa andare bene, tutto possa funzionare, la linea d’ombra sempre un passo più lontano, in tempo ancora per scoprire, amare e farsi amare.
Con le sue immagini ruvide, granulose e calde, nel pedinamento vansantiano di skaters e punk, tra ritrovi in mezzo al deserto e dichiarazioni d’affetto a cuore aperto, Gasoline Rainbow trasporta i suoi personaggi per van, piedi, treni e barche, alla continua sfida dell’orizzonte. Il perfetto feel good movie di questa generazione, ritratto agrodolce, tenero e sincero cristallizzato su una sola, magnifica sensazione: la vertigine della vetta, il momento in cui l’adolescenza volge al termine, la vita si dispiega e ogni cosa è possibile. Felicità e terrore mescolati, stringersi al petto le persone che amiamo per prendere fiato, prima di saltare.