The Wandering Earth
Il primo vero kolossal di fantascienza cinese è un grande spettacolo per gli occhi, ma sconta ancora alcuni gravi problemi di scrittura.
Settecento milioni di dollari al botteghino cinese, cinque milioni di incasso per la sola release limitata negli Stati Uniti. Numeri impressionanti che danno un'idea del successo per un progetto come The Wandering Earth, opera terza del giovane regista cinese Frant Gwo (Guo Fan) recentemente inclusa nel catalogo Netflix.
Per chiarire il contesto, forniamo qualche dato aggiuntivo: The Wandering Earth è il secondo maggior incasso di sempre per il box office della Repubblica Popolare, secondo solo a Wolf Warrior II e superiore al pur impressionante successo di Avengers: Endgame. Il film è costato circa cinquanta milioni di dollari: non una cifra incredibilmente alta per il mercato cinese (Monster Hunt 2 è costato quasi il triplo, mentre I Fiori della Guerra di Zhang Yimou è costato quasi cento milioni di dollari), ma si tratta comunque di una cifra inedita per il cinema di fantascienza. Probabilmente, un tale investimento non sarebbe stato possibile senza un nome come quello di Liu Cixin, scrittore di fantascienza e autore di best seller indiscutibili che alimentano il crescente appetito del pubblico cinese per la letteratura di genere. La trama di The Wandering Earth è tratta dall’omonimo libro dell’autore, ma è stata pesantemente riscritta e declinata in chiave epica e action.
In un futuro non troppo lontano, la Terra è sull’orlo della distruzione: il Sole ha raggiunto la sua fase di espansione finale ed è previsto che, nell’arco di pochi decenni, inghiottirà il pianeta e buona parte del sistema solare. Per salvarsi da distruzione certa, i governi della Terra varano un piano di proporzioni ciclopiche che prevede di spostare il pianeta sull’orbita della stella compatibile più vicina, a oltre quattro anni luce di distanza. Vengono costruiti migliaia di giganteschi propulsori per spingere il pianeta al di fuori della sua orbita; gli abitanti della Terra si trasferiscono sottoterra per sopravvivere alle condizioni insostenibili della superficie.
L’ambientazione di The Wandering Earth è affascinante, al netto delle sue premesse poco verosimili. Orizzonti ghiacciati e terremoti, tempeste e immense rovine torreggiano sulla Terra, mentre le sue viscere sono un intrico di corridoi e architetture a metà tra lo steampunk e il brutalismo sovietico. Luoghi affascinanti e condizioni ideali per dispiegare le cospicue risorse degli effetti digitali, la cui efficacia è innegabile. La qualità è discontinua e varia dal solido al mediocre ma, nel complesso, l’effetto-attrazione di questo grande carosello scifi funziona e costituisce, di gran lunga, l’aspetto più convincente del kolossal di Frant Gwo.
Puntualmente, il piano per salvare la Terra fallisce e spetta ad un manipolo di uomini, tra cui l’astronauta Liu Peiqiang (interpretato dalla star Wu Jing, già protagonista di Wolf Warrior) e la sua famiglia, salvare il pianeta mettendo in atto un piano disperato.
The Wandering Earth, a tratti, lascia a bocca aperta: alcuni scorci di questo futuro sono di una bellezza struggente e sanno evocare il senso del sublime, anche grazie a una regia tutt’altro che piga. Purtroppo, tutto ciò non è supportato da una scrittura altrettanto convincente. Risulta chiaro l’intento di ispirarsi ad alcune opere hollywoodiane fondamentali in questo senso, a partire da Armageddon, ma la formula non viene svolta fino in fondo: gli autori preferiscono un ibrido citazionista che ingloba il grosso della fantascienza cinematografica in un arco che va da 2001: Odissea nello Spazio a Gravity. Il risultato è una narrazione incerta, ipertrofica, tesa a soddisfare tutti e omaggiare tutto: IA ribelli, disastri naturali, inserti da commedia, corse disperate e sequenze di guida tra i ghiacci si susseguono come in un interminabile trailer con lo scopo di dimostrare le capacità dei creatori del film.
A farne le spese è il ritmo nel suo complesso, arenato da un accumulo insostenibile di colpi di scena e climax. Soprattutto, a essere penalizzati sono i personaggi. Una scelta potenzialmente buona per questo tipo di storia, come quella di evitare il singolo protagonista-eroe a favore di un cast corale, è svolta in modo grossolano e ha come risultato quello di sottolineare ulteriorimente i limiti del film. Gli archetipi sono i soliti, dal padre con i sensi di colpa al figlio ribelle e arrabbiato, fino al soldato integerrimo che crede nel sacrificio a ogni costo. Purtroppo, nessuno di loro risulta ispirato o interessante. Ad esempio, uno dei personaggi, totalmente inconcludente, esiste con l’unico ruolo di fare da spalla comica, ma non riesce ad alleggerire i toni di un film apocalittico e risuona come una perenne nota stonata. Anche il personaggio di Han Duoduo convince poco: la figlia adottiva dell’astronauta sembra avere l’unico scopo di dare al fratello qualcuno da proteggere e, a livello produttivo, giustificare l’inclusione di un volto femminile in un contesto altrimenti dominato dagli uomini (en passant, è impossibile non notare che The Wandering Earth è praticamente privo di quella che Mao Zedong definiva come l’altra metà del cielo).
Nel complesso, The Wandering Earth è una giostra apocalittica che sa essere, a tratti, godibile, ma che non riesce a trovare una propria identità e sconta una serie di difetti da attribuire a uno scarso coraggio a livello di scrittura. Considerato che si tratta del primo vero kolossal di fantascienza prodotto dal cinema cinese, alcuni di questi problemi sono da considerare fisiologici. Ci auguriamo, come fa lo stesso Liu Cixin nel corso di un’intervista rilasciata di recente alla televisione cinese, che i produttori locali continuino ad investire nel cinema di genere e che siano disposti, in futuro, a rischiare di più. A farci perdere l'equilibrio mentre i nostri piccoli corpi sono in balia delle forze del cosmo.