Irréversible - Inversion Intégrale
Il nuovo montaggio del film di Gaspar Noé è una sontuosa dimostrazione: il cinema che punta sull’immagine si può guardare da ogni punto di vista
Gaspar Noé rende Irréversible reversibile. Il nuovo montaggio del film del 2002, presentato a Venezia fuori concorso, non si limita infatti a riproporre la parabola di Marcus e Alex (Vincent Cassel e Monica Bellucci) né la continua, fulgida e terribile ricerca visiva alla base del suo cinema. No, perché qui si tratta di prendere una pellicola originariamente montata all’incontrario e ricomporla ora in ordine cronologico, in modo lineare, eseguendo appunto una “inversione integrale”. La storia di Marcus e Alex qui parte dall'inizio: Alex sul prato legge An Experiment with Time di J. W. Dunne, sulle note della settima sinfonia di Beethoven. Poi i due si svegliano nudi, scherzano a letto insieme, lei pronuncia la sua battuta preveggente (“Ho sognato un tunnel rosso”), ma soprattutto scopre subito di essere incinta. Questo, se possibile, rende ancora più inevitabile e crudele lo sviluppo: l’uscita notturna, la festa, lo stupro e la vendetta. È sempre nell’incipit che Monica in ascensore sostiene che il futuro sia già scritto: postulato ancora prima della curva tragica, l’assunto ricopre i fatti con un alone di sovradeterminazione.
Nella “inversione” Irréversible si presenta allora come una discesa all’inferno, lineare eppure implacabile. I quadri composti dal regista sono spietatamente simmetrici: prima di scherza sul sesso, dopo viene estorto con la forza. Prima vediamo la festa “chiara”, con la Bellucci che danza sensuale nel suo vestito latteo e Cassel che si droga gaudente, dopo la festa “oscura”, quella nel locale gay dove si consuma la folle vendetta.
La linearità sottrae allo spettatore il disvelamento graduale, ovvero l’onere di rimettere insieme i pezzi per ottenere solo alla fine-inizio la cornice completa: senza questa “attesa di sapere”, visto nella corretta cronologia, Irréversible costringe chi guarda a concentrarsi su di esso e sulle proprie immagini, che diventano così ancora più potenti e disturbanti. Svanito l’ingombro della trama da ricostruire, in 86 minuti sono tante le scene memorabili: il magnifico risveglio degli amanti, con la più grande Bellucci di sempre; il tripudio di segni e sogni premonitori; l’ingresso in metropolitana come prima “discesa” figurata nel sottosuolo, che anticipa le seconde più tragiche e carnali; la nota scena dello stupro che ne rende tangibile l’orrore e il dolore, forse la più grande sequenza di violenza carnale mai vista sullo schermo; la spiazzante chiosa del macellaio di Seul contre tous, aforisma vivente del nichilismo di Noé, a ricordarci che “il tempo distrugge tutto”.
Diciassette anni dopo l’uscita in sala, Irréversible resta un tour de force visivo senza tregua: Gaspar Noé martella l’udito e strema lo sguardo, lo immerge prima nell’elettronica e poi nella luce rossa del club Rectum in vertiginoso piano sequenza. La cinepresa che ruota vorticosamente su se stessa decreta un modo di fare cinema e anticipa un’intera filmografia, compreso l'ultimo Climax. L’“inversione” serve anche a risarcire il film, stroncato nel 2002 e rivalutato oggi che esiste un culto del regista: quel titolo allora non si era imposto per un generico gusto della provocazione, né avevano senso le polemiche risibili a proposito di sesso e violenza, bensì stavamo assistendo alla genesi di uno stile. Inversion Intégrale è anche una dimostrazione: il cinema di pura visione si può guardare da ogni punto di vista. Anche quello lineare: perché ti porta a fare i conti con la sua vera essenza, la costruzione dell’immagine e la bufera dei sensi che ne deriva. Gaspar Noé inverte il film ma dice sempre la stessa cosa: guardate qui, a occhi spalancati.