Hannibal (2° st.)

Partiamo subito dalla sequenza finale della prima stagione di Hannibal, quella in cui l’agente speciale della polizia Will Graham, accusato di crimini che non ha commesso, è visitato in carcere dal suo psicanalista, il Dottor Hannibal Lecter. La sequenza è costruita strutturalmente in modo efficace. I due personaggi sono uno di fronte all’altro, la macchina da presa li riprende in campo-controcampo mostrandoci i loro volti in primo piano. Nulla di strano, se non che entrambe le inquadrature rappresentano il loro punto di vista. Il disagio provocato da questa scelta linguistica si deve al fatto che l’osservatore è portato, senza possibilità di scelta, a guardare dai loro occhi, dunque a identificarsi con entrambi i personaggi. Con la differenza che il primo è in cella, imprigionato e il secondo è in libertà. E’ interessante notare come nell’arco della prima stagione lo spettatore sia stato sottoposto spesso e volentieri a questa volontà sadica di assumere la posizione della vittima e, contemporaneamente, quella del carnefice. Si tratta di quello che la teorica Margrethe Bruun Vagg ha definito Point of View Structure, una forma di empatia incarnata, che si applica filmicamente attraverso un punto di vista. Lo sguardo dello spettatore coincide perfettamente con quello di un personaggio, fino ad identificarsi con lui. Questo meccanismo, se linguisticamente rimane latente, viene, allo stesso tempo, portato alla luce dalle capacità cognitive di Will Graham. Egli sembra soffrire di un eccesso empatico, una malattia che gli permette di identificarsi con l’assassino, di vedere attraverso i suoi occhi e ricostruirne i pensieri. Come affermerà Hannibal, parlando del suo paziente, dirà che Will soffre di un eccesso di neuroni specchio, cellule celebrali alla base della comprensione empatica degli altri. Ne risulta che Will è un soggetto scisso, incapace di mettere a tacere i suoi doppi. Lentamente perde la sua vera identità fino alla constatazione finale che lui è lo squartatore di Chesapeake. Eppure dietro la schisi psichica c’è qualcun altro che ha manomesso i circuiti. All’interno delle numerose sedute psicanalitiche Hannibal ha abilmente spinto la mente di Wll in una direzione tale da non comprendere più ciò che è vero e ciò che falso. Lecter si dimostra un bravo manipolatore con la mente altrui, al fine di non mostrare la sua vera natura, la sua identità cannibale e psicotica. Attraverso di lui la psicanalisi diviene un veicolo di manipolazione sadica.

Che cos’è il sadismo? Per Lacan il sadico non gode nel veder soffrire la vittima, ma agisce sempre come strumento di godimento del Grande Altro, di un ideale o ragione superiore. In questo senso potremmo dire che il sadismo di Hannibal è legato direttamente al desiderio per Will, vittima sì, ma anche soggetto di desiderio, poiché metaforicamente rappresenta il riempimento di una mancanza. Allora potremmo porci un’ulteriore domanda, che cos’è il cannibalismo? La psicanalisi ha interpretato quest’atto psicotico come una fissazione alla fase orale del neonato, quando l’appagamento primario è legato al seno materno. Il cannibalismo è una regressione a questo stato infantile, in cui ci si appropria fisicamente dell’altro. Mangiare l’altro vuol dire possederlo, incorporarlo, è un modo per subliminare la sua assenza. Hannibal è un Io narcisistico che percepisce se stesso come un’entità perfetta, grandiosa, superiore, destinato, perciò, alla solitudine, all’impossibilità di relazionarsi con l’altro/mediocre. Soltanto Will Graham, grazie alle sue qualità intellettuali, rappresenta idealmente il riflesso speculare della sua immagine, l’unico che possa essere definito amico. Ma l’amicizia è qualcos’altro, Hannibal questo non può saperlo, allora la manipolazione riesce solo a metà poiché Will nei suoi trip, vagando nei corridori della sua mente ha intravisto la parte oscura di se stesso, l’alce nera che si nasconde dietro gli occhi di Hannibal.

La seconda stagione si apre dunque con tali presupposti, l’amicizia non ha rappresentato una buona soluzione al loro rapporto e Will dietro le sbarre, rinchiuso in gabbia come un animale in uno zoo, è pronto a scoprire chi si cela dietro i suoi incubi. Dall’altra parte Hannibal subisce il tradimento e intravede per la prima volta nella sua vita la possibilità di un fallimento, di una sconfitta. Come alternativa al vuoto non gli rimane che assassinare e mangiare le sue vittime. Nelle prossime puntate s’insinua, con grande probabilità, la possibilità che la maschera si stacchi definitivamente dal suo volto, mostrando l’uomo con le sue imperiture debolezze.

Autore: Roberto Mazzarelli
Pubblicato il 20/08/2014

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