Anything for Jackson

di Justin G. Dyck

Un racconto horror dai toni insoliti che indaga il dolore della perdita e l’impossibilità di sottrarsi alla sofferenza e alle proprie fobie.

anything for jackson recensione film

Dai tempi in cui Lynch e Frost provarono che la barriera divisoria tra il mondo cinematografico e quello televisivo era più permeabile di quanto si credesse, le due sfere hanno portato avanti un dialogo costante, una circolazione ininterrotta, in entrambe le direzioni, di idee e talenti. Molti sono ad esempio i grandi registi che negli ultimi anni si sono dedicati all’esercizio seriale, mentre alcuni produttori e creatori di contenuti pensati per il piccolo schermo (per quanto possa ancora aver senso parlare di piccoli e grandi schermi nel coronacene — sigh!) si sono cimentati nella settima arte.
In questa dinamica, dopo anni di formazione trascorsi per lo più sui set canadesi di film tv natalizi per la televisione canadese, Justin G. Dyck è riuscito a concretizzare il sogno di realizzare un lungometraggio horror indipendente: Anything for Jackson rende omaggio ai classici appartenenti al filone della possessione demoniaca (come Il presagio di Richard Donner) ma porta al contempo una ventata di aria fresca in un genere che ha il terribile vizio di ripetersi nella forma e nei contenuti.

Lo spunto iniziale richiama la trama di Rosemary’s Babe: una giovane donna incinta diventa la sfortunata preda di un’anziana coppia che si balocca con l’occulto. In questo caso non è però il terrore della futura madre a occupare il centro della scena, bensì le peripezie dei rapitori, una coppia cordiale, pacata e benestante che si rivela capace di premeditare e mettere in atto un crimine atroce. Tuttavia, contrariamente ai diabolici inquilini del gotico Bramford, i due (interpretati in modo efficace da Julian Richings e Sheila McCarthy) non sono mossi da una mera devozione satanica ma dal dolore dovuto alla perdita dell’amato nipotino. Sprovvista di mezzi per far fronte al trauma in una vita che sembra, almeno fino al dramma scatenante, averle riservato tutti i privilegi immaginabili, la coppia si abbandona all’infantile e disperata ricerca di una via di fuga che le permetta di sottrarsi al lutto, costi quel che costi. Avvicinatisi a un gruppo di satanisti amatoriali che si riunisce nel locale centro ricreativo, i coniugi decidono così di ricorrere a un esorcismo inverso, o, secondo la definizione del sociologo Luc de Heusch, a un “adorcismo”, ovvero l’insediamento forzato di una forza benefica in un luogo, in un oggetto o in un essere vivente. In altre parole, intendono infondere lo spirito di Jackson nel corpo di un nascituro.

film

La scelta di costruire la narrazione attorno a una coppia anziana, in controtendenza nell’ambito di un genere incline a privilegiare corpi giovani, si rivela una risorsa che il regista riesce a sfruttare a pieno, cogliendone le potenzialità comiche in grado di fare da contrappeso alla drammaticità della vicenda e di attribuire un tono e un ritmo singolari a una pellicola che avrebbe altrimenti faticato a distinguersi. I coniugi Walsh risultano essere impacciati col crimine e l’occulto quanto lo sono con la tecnologia, al punto che neanche la precisione millimetrica nel calcolare le proprie azioni impedisce loro di incappare in continui errori. Nel susseguirsi degli eventi, scoprono a loro spese di aver effettuato solo la prima parte del rituale, aprendo un portale che funge da calamita per tutte le entità soprannaturali intenzionate ad accedere al mondo dei vivi. L’accogliente dimora della coppia diventa così una casa degli orrori popolata da spiriti terrificanti. L’attenzione che Dyck presta ai dettagli è particolarmente apprezzabile in questo frangente: i fantasmi che infestano la casa sono incarnazioni ben precise delle fobie dei personaggi, ispirate all’interpretazione psicoanalitica dei sogni. Il Dott. Walsh viene ad esempio perseguitato dallo spettro di una donna che si passa compulsivamente il filo tra i denti fino a farli cadere, incarnazione di un incubo tipico che la psicanalisi interpreta come paura inconscia di perdere il controllo sulla propria esistenza.

Rifiutando inoltre un modello che tende per natura alla dicotomia tra buoni o cattivi, Anything for Jackson presenta una cerchia di personaggi tridimensionali e terribilmente verosimili nella loro incapacità di far fronte al dolore della perdita, alla paura e all’emarginazione. I protagonisti del film si muovono a tentoni in una realtà che si svincola continuamente dal loro volere, e l’umano impulso di correggere un destino infausto, anche a costo di rinunciare ai propri limiti etici, funge da catalizzatore per il climax tragico.

In un’intervista rilasciata al Substream Magazine, Dyck ha annunciato la sua intenzione di portare avanti in futuro una ricerca nel genere horror. Visto l’apprezzabile frutto di questa prima escursione, non ci rimane che attendere impazientemente di vedere cosa ci riserberà in futuro.

Autore: Nicolò Comencini
Pubblicato il 28/04/2021
Canada 2020
Durata: 97 minuti

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