2028 - La ragazza trovata nella spazzatura
Vincitore del Fantafestival di Roma, l'opera del polacco Michał Krzywicki è una degna erede dei film di fantascienza cui si ispira, tra omaggi al passato e un'urgenza tutta contemporanea.
Potrebbe, sin dal titolo, sembrare quasi uno sci-fi minimalista e un po' stravagante, 2028 - La ragazza trovata nella spazzatura di Michał Krzywicki. E invece, con la sua portata esistenziale e l'affresco che fa di un mondo distopico appena tratteggiato ma efficace, dimostra di avere lo stesso respiro dei grandi classici di fantascienza. La Polonia del 2028 che il regista ci presenta è infatti il perfetto specchio deformato del suo (e del nostro) presente. Un mondo ossessionato dalla sicurezza e dal controllo dove i criminali, attraverso una particolare droga detta Vaxina e uno speciale collare, vengono ridotti ad automi senza ricordi né volontà, incapaci – o, almeno, così ci si convince – di provare emozioni e dolore. È a questa cura Ludovico all'ennesima potenza che l'attivista Szymon (lo stesso Krzywicki), frustrato, isolato e impotente nei confronti di una società alla deriva decide di rispondere con l'unica arma che gli è rimasta: un suicidio in diretta social per risvegliare le coscienze. Sarà l'incontro proprio con la ragazza del titolo, Blue (Dagmara Brodziak), un'automa senza più collare che pare vedere il mondo per la prima volta, a mettere in crisi le sue certezze e i suoi propositi.
È intriso di ogni riferimento e amore genuino per il genere un film come 2028 - La ragazza trovata nella spazzatura, vincitore dell'ultima edizione del Fantafestival di Roma. Dall'estetica sporca e piovosa alla Blade Runner, agli immancabili riferimenti iconografici (Ghost in the Shell, Matrix), fino alla fuga dell'eroe con la ragazza “automatizzata”, quasi un omaggio esplicito a Minority Report. Eppure è proprio a questo punto, dopo aver delineato un intero universo di senso con tutti i rimandi e i riferimenti del caso, che la fantascienza distopica si stempera imprevedibilmente nell'on the road, dando vita a un doppio viaggio di formazione che cammina su binari paralleli. Perché nel percorso di riappropriazione del mondo e di sé di Blue, finalmente lontana dallo spazio orwelliano della città, c'è specularmente anche quello di Szymon, che proprio attraverso gli occhi della compagna ne riscopre la bellezza e, forse, la speranza nascosta al suo interno, imparando cosa vuol dire essere di nuovo e veramente individuo.
Una fantascienza umanista, dunque, quella di Krzywicki. Un antidoto a una società sempre più disumana, chiusa in se stessa e nei suoi nazionalismi (la scena dell'inno), incapace di riconoscere le proprie brutture semplicemente perché da sempre parte della sua esistenza (il parallelo tra gli automi e gli animali da allevamento è in questo senso illuminante).
Ideato e scritto dai due interpreti principali, il film nella perfetta e migliore tradizione della sci-fi, tocca così temi tutt'altro che banali come rieducazione, obbedienza e libero arbitrio con un'efficacia rara (confrontare questo film col recente originale Netflix Spiderhead per credere) e una fiducia nel mezzo inesauribile. Dimostrandoci che un approccio al genere differente sia dalle logiche abusate del blockbuster che del piccolo prodotto indipendente è ancora possibile.