Continua il nostro viaggio nei luoghi della città – nascosti, visibili, pulsanti – dedicati all‘arte contemporanea. Tocca adesso a Wunderkammern – da noi “attraversata” durante la prima tranche di “Living Layers”.
L’associazione culturale Wunderkammern arriva a Roma nel 2008, dopo una decennale esperienza a Spello (Umbria), e nella città capitolina apre uno spazio espositivo che mira a diventare uno dei poli d’eccellenza nel mondo dell’arte contemporanea. Situata nei suggestivi spazi di un’ex-frutteria nello storico quartiere di Tor Pignattara, Wunderkammern è un’abitazione privata che funge da spazio espositivo, porta avanti proprio il dibattito tra spazio privato e spazio pubblico e si propone di affrontare attraverso l’arte alcune delle tematiche dell’epoca contemporanea, dal diritto all’immagine alla relazione tra artista-opera-fruitore. Lo scopo di Wunderkammern è anche quello di stabilire relazioni internazionali e aprirsi alle tendenze mondiali dell’arte contemporanea: è infatti molto attenta alle nuove sperimentazioni e alle nuove forme d’arte, e pone come nodo centrale della sua attività il contatto diretto con giovani artisti.
Franco Ottavianelli, presidente di Wunderkammern, e Afra Zucchi, project manager, ci hanno gentilmente concesso un’intervista, per spiegarci più nel dettaglio cosa è il progetto Wunderkammern.
Il progetto Wunderkammern è partito in Umbria nel 1998, e nel decimo anno di attività avete deciso di aprire una nuova sede espositiva a Roma, nel quartiere di Tor Pignattara. Quali sono le aspettative e gli interessi che vi guidano in questo progetto e quali sono state le motivazioni che vi hanno spinto nella scelta di questo storico quartiere romano?
Wunderkammern è nato dall’interesse per uno spazio che ricostruisse una sensazione di familiarità, uno spazio che pur essendo un luogo pubblico mantenesse il senso di privacy che si ha nelle abitazioni private, anche per ritrovare un rapporto più genuino con l’arte non musealizzata, un’arte che si possa anche vivere. Un ipotetico acquirente di un’opera d’arte solitamente la compra per la sua abitazione, dunque l’opera deve essere funzionale al suo ambiente di vita. Per gli artisti in genere non è facile calarsi in quest’ottica perché è ancora molto presente l’idea che opera d’arte e museo siano strettamente correlati. Per questo crediamo che l’idea di un rapporto dinamico tra l’artista e lo spazio sia funzionale a modificare, almeno in parte, questa forma mentis per cui l’opera d’arte diventa un qualcosa di poco funzionale e quindi da museo. Per quanto riguarda la scelta del sito dove collocarci è stata una ricerca piuttosto lunga e ragionata. Ci interessava un posto che avesse le caratteristiche della periferia pur non essendo più periferia. Inoltre per noi era molto importante che lo spazio ricordasse quello di Spello, che è in provincia ma nonostante ciò è un centro molto vivo anche grazie alla sua vicinanza con Assisi, quindi è anche un sito turistico. Inoltre il centro storico di Spello è circondato dalle cinta murarie di epoca romana e i resti dell’acquedotto alessandrino su via di Tor Pignattara ci sono sembrati un ottimo richiamo alle caratteristiche paesaggistiche del primo sito.
Qual è stata finora la risposta del quartiere alla presenza di Wunderkammern?
Dopo due anni inizia a farsi strada la consapevolezza dell’esistenza di questo spazio fra gli abitanti del quartiere. Inizialmente c’era la curiosità di sapere cosa fosse esattamente, chi fossimo noi. Oggi anche fra le persone anziane è maturata la coscienza che noi ci siamo, che siamo uno spazio per l’arte contemporanea, ma questo è avvenuto solo grazie ad un lavoro di continuità, grazie alla costanza. Anche il Municipio VI, che inizialmente era più prudente nelle sue manifestazioni di appoggio, poiché comunque restava l’interrogativo su cosa avremmo effettivamente prodotto, oggi è molto presente, ci “sostiene” diffondendo le nostre iniziative e le attività. Ma questo solo dopo aver constatato la reale costanza del lavoro e soprattutto il rigore scientifico delle nostre ricerche e attività.
La stagione primaverile è iniziata con la collaborazione con il MACRO nel progetto Living Layers che ha visto la settimana scorsa la prima esposizione. Può dirci quali sono le intenzioni di questo “evento residenziale”?
Il progetto Living Layers intende entrare con una chiave diversa in quelle che sono le dinamiche del territorio, intende attivare letture trasversali e diversificate del patrimonio immateriale del territorio. Il patrimonio immateriale è definito dall’UNESCU come l’insieme delle manifestazioni della creatività umana (lingua, tradizioni religiose e sociali, canti, musiche, danze, celebrazioni e abilità artigianali) che distinguono le diverse culture tra loro e contribuiscono a mantenere le differenze culturali. E’ un progetto a lungo termine che vuole incidere sul territorio e mostrare quali possono essere le potenzialità dell’arte contemporanea alla cittadinanza, è questo principalmente l’obiettivo, rendere partecipi anche coloro che magari non hanno avuto un’istruzione artistica o che non si occupano di arte in maniera diretta, estendere l’interesse verso l’arte contemporanea ad un pubblico più vasto ed eterogeneo. Il domicilio d’artista è funzionale a questo scopo perché permette di vivere nel territorio e quindi di conoscerne le dinamiche, inoltre rappresenta una presenza costante dello spazio fra la cittadinanza, e consente di portare avanti una delle tematiche che sono da sempre affrontate da Wunderkammern, cioè il rapporto tra pubblico e privato, facendo divenire il luogo in cui l’artista vive sede dell’esposizione del suo lavoro, aperta al pubblico. Ma è anche un modo per indagare più da vicino come sta cambiando il quartiere, quali sono le nuove dinamiche che si affacciano nella vita quotidiana dei residenti, un modo per porsi in un contesto di misurazione costante tra l’osservatore e l’osservato, esercizio in cui sono riusciti molto bene sia Valentina Vetturi sia Alex Auriema.
Gli artisti vengono selezionati secondo un criterio particolare? Devono avere alle spalle esperienze pregresse di lavoro sul territorio?
Sicuramente la conoscenza del territorio aiuta molto per il lavoro. Per quanto riguarda Valentina Vetturi, c’era già un progetto a monte, lei aveva già una discreta conoscenza della zona, e anche Alex era più o meno inserito nel contesto, per la sua frequentazione di Wunderkammern. In generale non c’è un criterio specifico con cui si scelgono gli artisti, noi abbiamo delle proposte, così come il Macro, e cerchiamo di farle coincidere. Abbiamo un comitato scientifico, composto da critici d’arte, collezionisti, professori, mecenati – un gruppo così eterogeneo ci consente di avere un’espressività a tutto campo – a cui sottoponiamo le proposte e che naturalmente può proporre, sia artisti sia iniziative, ma di solito le scelte sono corali.
Come è nata la collaborazione con il MACRO?
La collaborazione con il MACRO è stato il primo tentativo di Wunderkammern di iniziare una collaborazione con le istituzioni, anche per trasformare lo spazio in un centro d’arte d’eccellenza a carattere internazionale. Vorremmo che il nostro spazio, dalla periferia, si aprisse all’avanguardia romana, nazionale e internazionale, e che abbia così anche un certo peso nel territorio in cui svolge la propria attività. Infatti da poco abbiamo stipulato una convenzione con il Municipio VI. Il MACRO ha condiviso la nostra proposta e si è impegnato per la riuscita del progetto.
Per Wunderkammern la residenza d’artista è una pratica consolidata da tempo: qual è secondo voi la funzione che quest’esperienza svolge nella formazione degli artisti?
Innanzitutto, grazie a Luca Massimo Barbero che ha coniato la definizione “domicilio d’artista”, abbiamo scoperto questa nuova dimensione del concetto di residenza d’artista. Le residenze sono molto impegnative, richiedono molti più fondi e generalmente sono appannaggio delle Accademie o delle Fondazioni che possono avvalersi delle borse di studio. Invece il domicilio, proprio per la sua connotazione temporale più breve, è più semplice da gestire e ci impegna in maniera molto minore dal punto di vista economico. Inoltre, il domicilio è il luogo reale in cui si svolge la vita delle persone, ad esempio degli studenti fuori sede che in moltissimi casi sono residenti in un altro luogo, spesso coincidente con l’ambito familiare. E’ nel luogo in cui si ha il domicilio che le persone svolgono le proprie attività, vivono la vita e vi si possono trovare innumerevoli varianti: ci possono essere delle condizioni di subaffitto oppure di convivenza con più persone, tante dinamiche che segnano profondamente la mentalità degli inquilini e di conseguenza anche i loro stili di vita e il modo in cui si relazionano con l’ambiente.
Valentina Vetturi durante l’inaugurazione ha detto che la condivisione dell’abitazione con Alex Auriema è stata molto proficua, perché hanno avuto la possibilità di scambiarsi continuamente spunti e impressioni. Immaginavate che ci fosse questa possibilità quando avete deciso che l’artista non avrebbe vissuto qui solo?
Proprio per le caratteristiche suddette del domicilio, può capitare che l’artista si trovi nella condizione di saper mettere in evidenza queste dinamiche. Può presentarsi la situazione che un artista in domicilio possa coinvolgere gli altri in subaffitto. E’ solo questione di saper mettere in pratica ciò che si vive nel quotidiano, le relazioni interpersonali con i coinquilini indubbiamente possono portare a molteplici spunti di riflessione per il lavoro degli artisti.