Continua la marcia di avvicinamente verso la decima edizione del RIFF – Rome Independent Film Festival (18-24 marzo), e Point Blank, da media partner dell’evento, ha intervistato il direttore artistico della manifestazione, Fabrizio Ferrari. Più che di una pre-impostata intervista si è trattato di una fruttuosa e indicativa conversazione, a cui ha preso parte anche Domenico Vitucci del Nuovo Cinema Aquila. L’accento, infatti, è stato posto su questioni di larga scala e che toccano temi centrali per il festival e la nostra rivista – il mondo del cinema indipendente italiano, le produzioni alternative, i network distributivi… Uno scorcio, insomma, sfaccettato e consapevole di un versante artistico, economico, sociale, che, a dispetto delle apparenze, ha nei momenti di crisi la sua maggiore visibilità e incisività.
Partiamo dalla scorsa edizione e dalla vittoria di Fish Tank, il film che ha perfino portato Breat Easton Ellis, e la sua iconica misoginia, a ricredersi sulle registe donna.
Fabrizio Ferrari: Siamo stati fortunati ad averlo l’anno scorso. Certo, poi si poteva fare di più per farlo vedere al pubblico internazionale, ma il film era distribuito da una piccola casa comunque molto attenta, la NonStop Sales, che si dedica a film indipendenti.
Domenico Vitucci: Il periodo non era molto favorevole anche se da noi, ad esempio, è andato bene. E’uscito alla fine di luglio e qui da noi alla fine di agosto. Ne abbiamo prolungato la permanenza in sala e quando si è arrivati in un periodo meno “traumatico” il pubblico veniva, c’è stata un’affluenza copiosa.
FF: Adesso, ad esempio, sta al Kino.
E anche quest’anno c’è un’attenzione privilegiata per le donne da parte del festival, vista la presenza in calendario di Women Make Movies, la storica esperienza che dal ’72 sostiene la produzione e diffusione del cinema femminile.
Non è che noi andiamo a cercare questi lavori, spesso ci arrivano da soli. Quest’anno invece siamo stati noi a voler presentare qualcosa di Women Make Movies, perché per il RIFF le donne sono importanti, a partire dal nostro staff (cito ad esempio Elisabetta Colla), e si cerca sempre di aver un occhio di riguardo (e poi le donne sono le più brave!). Abbiamo quindi il documentario di Kim Longinotto, Pink Saris, che sarà accompagnato da una rappresentante di Women Make Movies, e la presentazione di un libro che parla delle donne che si dedicano all’animazione. Poi, in generale, durante tutto il festival ci sono molte registe donne che partecipano con i loro lavori. Per questi dieci anni del festival volevamo fare qualcosa per le donne, avevamo pensato ad una giuria o una sezione tutta al femminile, ma i tempi sono stretti, i finanziamenti quelli che sono… Di Women Make Movies avevamo pensato di presentare 3 o 4 lavori all’interno di una giornata sui diritti delle donne, le pari opportunità, ma per cause contingenti – ad esempio i film ci sono arrivati in ritardo – non si è fatto più niente.
Avere in calendario Women Make Movies significa porre l’accento non soltanto sul versante estetico, quanto e soprattutto su modalità produttive e distributive “diverse”, elementi a cui il RIFF, fin dall’inizio, ha prestato un’attenzione capitale – essendo anche, in definitiva, la sua intima ragion d’essere. E in questa edizione c’è il terzo appuntamento con il Forum “Nuovi Profili della Produzione Cinematografica Europea Indipendente” e le “Giornate romane dell’Audiovisivo e delle Telecomunicazioni Business Meeting con aziende tedesche”. E il tutto si travasa anche nella composizione della regia, una formazione variegata che comprende personalità, tra le altre, come Gianluca Arcopinto, Stefano Bethlen, Albert de Quay.
FF: Stefano Bethlen è Head of Theatrical Distribution per la Walt Disney: è importante che le sceneggiature vengano lette da persone del genere, magari anche interessate a produrle. C’è anche Serena Sostegni di Cattleya in giuria, o Maurizio Di Rienzo, che organizza una rassegna sui documentari. Cerchiamo, insomma, sia di dare dei premi che possano essere utili sia di avere in giuria persone che, anche esse, possano essere utili. Penso anche alle aziende che sponsorizzano dei premi, come la Fujifilm, che ha stanziato un budget tre volte più grande rispetto a quello della scorsa edizione che era messo a disposizione dalla Kodak. E poi, naturalmente, la distribuzione promossa dal Nuovo Cinema Aquila del film vincitore del concorso internazionale.
DV: Poi, a volte, il cinema si riserva la facoltà di proiettare un secondo film, naturalmente se lo riteniamo adatto rispetto a vari standard.
La cosa interessante è che questa attenzione per il lato organizzativo-produttivo trova anche una sua formulazione teorica, un momento di riflessione che generalizzi e direzioni il tutto. Ci riferiamo alle brevi note presenti nella sezione “Storia” del sito del festival, dove molto lucidamente si ripensano e si ricollocano le funzionalità, le progettualità e le modalità del RIFF.
Noi creiamo un network con i festival stranieri perché vogliamo promuovere il cinema italiano all’estero. Un network da realizzare al più presto sarebbe quello con le sale italiane attente a questo tipo di progetti, come ad esempio il Nuovo Cinema Aquila, per permettere ai film di uscire in modo più semplice e tranquillo – senza, come si fa di solito, far fare la trafila al produttore di turno che di volta in volta deve chiamare un numero spropositato di sale per fare uscire 4 o 5 copie. Come festival siamo disponibili ad aumentare il nostro “impatto”, ma la questione verte di più sulle sale e le distribuzioni. Potremmo, ad esempio, cercare di coordinare le produzioni – in questa edizione abbiamo nove film italiani in concorso, mai successo.
Dalla tua fortemente identitaria e affilata finestra sul mondo, ci potresti indicare quali sono le esperienze produttive, i festival, le personalità con cui il RIFF identifica un’affinità di lavoro, di, perdona il termine, mission – ad esempio, sul sito sono citate oltre 50 rassegne “amiche”.
Ogni anno portiamo i film italiani a circa venti festival e istituti di cultura, quindi i contatti cambiamo parecchio. Quest’anno sono andato in Turchia e Ungheria e la cosa sconcertante è che abbiamo gli stessi budget per i festival, ma loro si trovano in paesi dell’est europeo mentre noi siamo in Italia, dove il costo della vita è altissimo se confrontato con il loro. Questo dà l’idea di come è difficile realizzare eventi come il RIFF. La tua domanda la rigiro individuando invece cosa si dovrebbe tagliare – sprechi, festival, eventi, ma anche il quotidiano operare del Governo, della politica. Se paragoniamo ad esempio i festival stranieri con i nostri, vediamo che non esistono, assolutamente, manifestazioni con un budget di 13 milioni di euro e 100.000 biglietti (Roma): Rotterdam ha 4 milioni di euro e 400.000 presenze. Il Roma Fiction Fest stacca 30.000 biglietti con 4 milioni di budget.
Queste considerazioni immaginiamo siano un percorso di consapevolezza che si è accresciuto negli anni di lavoro con il festival, che, ricordiamolo, in questa edizione compie dieci anni.
Ma in questi dieci anni non si è riusciti a scavallare. Ogni anno si taglia sempre di più: come si fa a realizzare, superare qualcosa? Noi vorremmo invitare i registi dei film, abbiamo 150 opere e 150 registi disponibili a venire a Roma, ma ne possiamo portare solo 20, questo è quello che ci permette il nostro budget. I giornalisti e i produttori stranieri rimangono fuori perché non abbiamo i soldi, e ogni anno non si riesce a superare questo stallo perché arrivano nuovi tagli. Per questa edizione il Ministero dello Sviluppo Economico tedesco ci porta 15 aziende di produzione e distribuzione: abbiamo provato a sentire le istituzioni e altri soggetti italiani per organizzare incontri, tavole rotonde, ma a nessuno importa niente.
Infine, due programmatiche domande di rito (almeno alla fine ce le concediamo): cosa ci dobbiamo aspettare per questa edizione del festival e, ancor prima che inizino i lavoro del RIFF 2011, cosa aspettarsi dall’undicesima edizione?
Per il futuro sarà un festival ad impatto zero. Cercheremo di proiettare tutto in digitale (chi ha la pellicola è il benvenuto, naturalmente), digitalizzare il tutto (i dvd e le sceneggiature che ci arrivando, ad esempio), rendere interattivo il sito del festival con l’upload dei film. A parte questo non posso fare una previsione per il 2012, l’undicesima edizione, perché sono le opere, i registi, a dare l’impronta. Negli ultimi due anni sono arrivati molti film che trattavano di ecologia, impatto ambientale; quest’anno un po’ meno invece. La previsione che io faccio per il futuro è di tipo organizzativo, avere un team fisso con cui lavorare, altrimenti ci ritroviamo ogni anno a fare da tutor a 15 nuove persone e il percorso ricomincia senza esser mai andato avanti. Infine, rispetto alla scorsa edizione, avendo un numero maggiore di sale e di eventi, speriamo di allargare il nostro pubblico. Con la crisi, infatti, gli spettatori sembrano più attenti al cinema indipendente.