The Sadness
Horror pandemico: l'esordio di Rob Jabbaz è una vivida e sanguinosa discesa negli inferi dettata dai più aggressivi istinti umani.
Fin dalle prime avvisaglie epidemiche a inizio 2020, larga parte del pubblico ha reagito alla diffusione del Covid-19 riversandosi sulle piattaforme streaming a guardare film che trattassero di malattie infettive e pandemie, come dimostra il primo posto di Contagion tra i film più visti su Netflix; come se per affrontare questa macroscopica minaccia avessimo bisogno di filtrare la nostra realtà attraverso un’immagine cinematografica. Figlio di questa nuova esigenza di narrazione pandemica è The Sadness, film di Taiwan uscito a gennaio 2021, scritto, diretto e montato dall’esordiente canadese Rob Jabbaz in pochissimi mesi. Un instant movie, creato su commissione di un produttore che voleva sfruttare la moda del momento, facendo leva anche su un mercato improvvisamente depauperato nel quale i titoli da proporre nelle sale scarseggiavano sempre di più.
Dichiaratamente ispirato alla serie di graphic novel Crossed di Garth Ennis e Jacen Burrows, il film mostra una Taipei che subisce impotente il diffondersi di un virus altamente infettivo, il quale, agendo sul sistema limbico del cervello, toglie agli infetti ogni freno inibitore, portandoli a compiere atti efferati pur mantenendo consapevolezza e discernimento. L’escalation di violenza è tanto prevedibile quanto repentina, in pochi minuti ci troviamo catapultati in una cronaca iper-cinetica di omicidi, stupri, abusi, orge e torture, mostratici nei loro dettagli più gore ed efferati, con irreali fiumi di sangue che tutto ricoprono. Ogni oggetto della quotidianità si trasforma in arma, da una friggitrice alle chiavi di casa, sono infinite le soluzioni creative messe in atto per mostrare la violenza nel suo aspetto più spettacolare e truculento.
Se da un lato Jabbaz parte da una delle genesi più consuete - una coppia separata dalle avversità che deve ricongiungersi e da cui scaturiscono dunque due linee narrative parallele - dall’altro trova la sua via più originale nella caratterizzazione degli infetti: a differenza del fumetto di Ennis e Burrows, qui le loro facoltà cognitive, linguistiche e comunicative non vengono intaccate dal virus, permettendo così di delineare dei veri e propri villain dotati di personalità propria. Primo fra tutti il personaggio del businessman che perseguita la protagonista Kat, un individuo già sgradevole prima del contagio, che dopo di esso si scatena e si abbandona alle sue più basse pulsioni, arrivando a penetrare la cavità oculare di una ragazza alla quale aveva tolto il bulbo, in una scena che ricorda quelle del maestro del manga ero-guro Suehiro Maruo, scevra però della raffinatezza dell’autore giapponese. Perché The Sadness è un film splatter che trae dalla messa in scena della violenza gratuita la sua forza propulsiva, in una continua alternanza di ferocia sfacciata e humor, rivelando così che la lezione di Sam Raimi è stata ben assimilata da Rob Jabbaz. Lo scopo ultimo è quello di creare raccapriccio e, al tempo stesso, intrattenere il pubblico, senza cercare di veicolare messaggi troppo impegnativi, se non quello che si accompagna sempre alle situazioni di pandemia, cioè quella sfiducia nei confronti degli apparati governativi e scientifici alla quale abbiamo assistito anche noi in prima persona durante l’ondata di Covid che ha investito il pianeta. E il regista non perde l’occasione di far esplodere la testa del Presidente durante un messaggio televisivo di propaganda alla nazione, citando direttamente il Cronenberg di Scanners.
Non mancano ovviamente anche delle sferzate nei confronti della società della comunicazione e dei social media: mentre si scatena il panico le persone preferiscono filmare i soprusi piuttosto che intervenire per salvare le vittime. Questo labile messaggio politico e sociale, pur sempre presente, non rappresenta però il fulcro di un film che il regista stesso definisce un guilty pleasure, un film che si esprime meglio attraverso il sensazionalismo visivo piuttosto che per una scrittura che si rivela spesso frettolosa e superficiale. E proprio in questa dimensione catartica dell’esibizione impudente della brutalità e del sangue, The Sadness si erge a ultimo portavoce di quello splatter che, fin dagli esordi del genere, e pur ripetendo spesso se stesso, trova la sua funzione ultima proprio nel superamento e nella demolizione di tabù inviolabili nella realtà civile. Sempre seguendo i dettami del cinema di riferimento, Jabbaz ci conduce a un finale inevitabile che rimanda al senso del titolo, perché dopo il divertimento orgiastico non rimane che l’ineluttabile contemplazione dei resti della catastrofe.