About Endlessness

di Roy Andersson

La sorprendente leggerezza di Roy Andersson alle prese con gli arbitrari capitoli che compongono l'esperienza umana

La recensione di About Endlessness

About Endlessness, o gli infiniti capitoli che compongono l’esperienza umana. Lo svedese Roy Andersson torna a Venezia, cinque anni dopo il Leone d’oro vinto per Un Piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza, con un’opera che se da un lato conferma la granitica coerenza formale e tematica del suo cinema, dall’altro segnala uno scarto nei toni e una sorprendente leggerezza. Intendiamoci, l’orizzonte filosofico di Roy Andersson resta pur sempre pessimista. Ce lo dice il bianco cadaverico dei volti dei suoi personaggi, in particolare degli adulti; l’ironia quasi sempre tentata dal cinismo; gli ambienti spogli, grigi e anonimi; il personaggio del prete senza fede, l’unico a tornare più volte nel corso della narrazione. A cambiare è però lo sguardo d’insieme, più aperto ad un'idea di umanità, e soprattutto privo di quell’approccio dimostrativo che limitava l’opera precedente. In About Endlessness non c’è più nulla da dimostrare. La vita umana è presentata attraverso una vasta galleria di personaggi e momenti di per sé quasi mai significativi. Ed è proprio questo il punto. Per Andersson non esiste una gerarchia di valori tra gli eventi storici e le più ordinarie azioni che compiamo giornalmente. Tutto si trova sullo stesso piano: il flusso ininterrotto della storia dell’uomo. Ecco allora Hitler chiuso nel suo bunker e un dentista con problemi di alcolismo. Un condannato a morte che implora la grazia e un gruppo di ragazze che ballano in un bar. Un esercito appena sconfitto e una donna che ama sorseggiare Champagne. Il tutto secondo una logica arbitraria sostenuta però da una sorprendente empatia. Come raramente accaduto nel cinema dell’autore svedese, qui il rigore dello sguardo non si traduce automaticamente in aridità emotiva. Al contrario, nel corso del film emerge una certa, strana dolcezza tanto nei frammenti più lievi (un padre che sotto la pioggia allaccia le scarpe alla figlia, una donna appena scesa dal treno, sorpresa dall’arrivo di un amico, un neonato immortalato dal cellulare della madre, due ragazzi che parlano di termodinamica, ecc…) quanto in quelli potenzialmente cinici (l’uomo triste sull’autobus attaccato da un passeggero ma difeso da un altro, l’uxoricida pentito del folle gesto appena compiuto, il ragazzo che non ha mai conosciuto l’amore, l’avventore di un bar che proclama il suo entusiasmo per la vita, ecc…). Questa sensazione di apertura è ulteriormente avvalorata dalla scelta del narratore esterno che rompe la rigidità del dispositivo, rinviando in un’altra dimensione, più ampia e misteriosa, l’esperienza dell’opera. Quasi tutti gli episodi sono introdotti dalla voce di una donna, novella scheherazade de Le mille e una notte, che esordisce sempre con “ho visto”. Come se tutto il film fosse il frutto di un’unica visione della storia umana poi tradotta in una galassia di microstorie. Tra gli aspetti ricorrenti di questa sorta di libro dell’umanità troviamo la fiducia accordata ai giovani, i soli ad essere letteralmente vivi (in contrapposizione al pallore mortuario degli adulti), e capaci di spezzare la monotonia dell’esistenza. E soprattutto la presenza di scene di guerra e distruzione, che a intervalli irregolari spezzano il flusso più o meno routinario del film. Come se fossero non solo ricordi traumatici incastonati tra le maglie del quotidiano ma anche una possibilità sempre presente nel destino dell’uomo. Possibilità che Andersson riscrive però sotto il segno dell'amore, quando ci mostra una coppia di innamorati, che sembra provenire dallo Chagall di "Sulla città", mentre sorvola abbracciata il cielo sopra una spettrale Colonia rasa al suolo. Il tempo per Andersson è una dimensione reversibile. Potrebbe chiudersi o aprirsi con l'immagine di un uomo con la macchina guasta in aperta campagna o con una coppia che, guardando il panorama, ricorda che un altro settembre è arrivato. 

Autore: Giulio Casadei
Pubblicato il 03/09/2019
Svezia
Durata: 76 minuti

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