Venezia 72 / Sobytie (The Event)
Il regista ucraino Sergei Loznitsa firma un documentario di piazza tutto fondato su materiale d'archivio, interessante ma non del tutto compiuto .
Nell’agosto del 1991 un colpo di stato, passato alla storia come il Putsch e organizzato da un gruppo di comunisti recalcitranti, non riuscì a portare a termine i propri obiettivi e il suo fallimento causò il venir meno del potere sovietico, in carica da oltre settant’anni. La fine dell’URSS ebbe come diretta conseguenza il pronto sventolio del tricolore della neonata Federazione Russa sul Cremlino, un’immagine che riveste, non a caso, un ruolo ovviamente centrale nel documentario dell’autore ucraino Sergei Loznitsa, Sobytie (The Event). Il regista restituisce quegli attimi, turbati da intensi cambiamenti e dalle scosse telluriche della Storia che muta, attraverso filmati di repertorio e materiale d’archivio cuciti insieme da uno sguardo registico unitario, al quale non pare interessare poi troppo la ricostruzione dettagliata quanto piuttosto la riappropriazione di un bagaglio iconografico condiviso e rilevante sotto il profilo strettamente nazionale. Una testimonianza diretta della piazza e della vox populi, in altre parole, motore fondante della collettività, agorà depositario di scontri anche accesi. Un luogo nel quale le opinioni e le prese di posizione sugli sviluppi più recenti della storia russa e e sulle sue figure più emblematiche, da Mikhail Gorbachev a Boris Eltsin, si sprecano, si sovrappongono e si negano le une rispetto alle altre, in uno spaccato corale e contraddittorio, vibrante e dinamico, affastellato e privo di soluzioni programmatiche che partendo da una tesi e da un’antitesi producano sintesi. Quasi a restituire la fatica dell’ideologia nel trovare un’applicazione univoca, pragmatica, efficace a tutte le latitudini.
Tale concetto, decisamente affascinante dal punto di vista teorico e di sicuro interessante per legittimare l’operazione di Loznitsa, è però anche il punto di maggior debolezza del film, che molto spesso, più che restituire la compresenza di istanze popolari differenti per vocazione e per convinzioni su cosa sia meglio fare o su quale sia la direzione da prendere, si riduce a un bignami caotico e senza direzione, scontando anche il prezzo di una certa staticità e sterilità di montaggio, fatta eccezione per i primi minuti. Se la prima parte presenta poi dei filmati più palpitanti e accattivanti in quanto a punti di vista mostrati e a soluzioni visive adottate, ben presto il film, da questo punto di vista, si normalizza non poco, smarrendo compattezza e forza. La piazza di Leningrado di per sé sarebbe stata un eccellente nucleo primario per restituire quelle ore in cui, secondo la tradizione storiografica più o meno ufficiale, sarebbe nata la cosiddetta “democrazia russa” (un anno zero di per sé discutibile), ma The Event è troppo chiuso in se stesso, in maniera spesso asfittica e poco liberatoria e riflessiva, per restituire in maniera completa, esaustiva e tridimensionale quei momenti convulsi e ciò che ne conseguì. Un lavoro simile sulla piazza, con lo stesso grado di ostinazione, lo fa anche un documentario sui profondi contrasti bellici e gli eventi drammatici dell’Ucraina di oggi presentato Fuori Concorso a Venezia 72, ovvero Winter on Fire di Evgeny Afineevsky: un radicalismo che in quel caso è però accompagnato da una maggior dose di scavo e da una resa spettacolare più efficace, che non risparmia tensione, indagine sociale, messa a punto di un nuovo orizzonte storico e nazionale e di una nuova antropologia della rabbia sociale. Un’astrazione che a Loznitsa riesce solo in parte, pur interessandogli molto, palesemente, non solo le persone isolate e la loro individualità alle prese con il colpo di Stato dell’agosto del 1991, ma anche il modo in cui esse si rapportano a ciò che è condiviso e collettivo, nel tentativo di incidere e far sentire la propria voce.