Marghe e Giulia, crescere in diretta
Lo spettatore viene chiamato a vagliare e soppesare con cautela la resa fenomenologica di una realtà densissima di implicazioni sociologiche, etiche e psicologiche
Margherita e Giulia sono due bambine di dodici e nove anni e vivono a Giugliano, in provincia di Napoli. La loro quotidianità sembra essere la stessa di molte coetanee: la scuola, i compiti a casa, una passeggiata, una gita al lago, un po’ di relax sul divano. Se non fosse che tutto ciò che fanno – andare al centro commerciale, mangiare una pizza, scartare un regalo – viene filmato e poi condiviso su youtube, dove le ragazzine hanno un canale (gestito dai genitori) che vanta più di trecentomila follower. Video che arrivano fino a due milioni di visualizzazioni, girati spesso dal papà che ha trasformato la cameretta delle figlie in un set cinematografico; fan che commentano a tutte le ore a volte con entusiasmo e a volte – invece – con astio e disapprovazione; e ancora fan che fermano le due bambine per strada sperando in una foto o in un autografo, come fossero piccole dive su un red carpet.
Prodotto da Somewhere studio e Sky Atlantic, Marghe e Giulia, crescere in diretta è stato realizzato da Alberto Gottardo e Francesca Sironi, registi che si avvicinano al cinema con alle spalle percorsi che riguardano, rispettivamente, la fotografia e il giornalismo. Di fronte a un soggetto come quello scelto dai due autori ci si sente inevitabilmente in difficoltà, quasi intimiditi. Da un lato è impossibile, a ben guardare, non porre in atto una (ulteriore) concreta invasione di quell’ambiente intimo e familiare che, sebbene volontariamente, si sottopone già a una continua sovraesposizione scopica. Dall’altro si comprende appieno l’urgenza di raccontare e approfondire un caso che trascende la sua singolarità per farsi segno e sintesi di fenomeni dalla portata molto più ampia e di estrema stringente attualità.
Tuttavia Gottardo e Sironi riescono a trovare, con naturalezza e agilità, l’unica chiave espressiva possibile per sviluppare questo non facile progetto: scelgono la più assoluta e attenta sospensione del giudizio, scelta che peraltro rende meno problematica la necessità di doversi muovere, inevitabilmente, dentro alla realtà rappresentata, in virtù della fiducia accordata ai registi dai “non attori” protagonisti, ovvero le due piccole youtuber e i loro genitori Luigi e Maria. È lo spettatore, dunque, che viene chiamato a vagliare con cautela e soppesare con cura questa resa fenomenologica di un reale che, pur se restituito semplicemente nudo e crudo a livello linguistico, resta tuttavia densissimo di implicazione sociologiche, se non psicologiche e – ovviamente - etiche.
Del resto era il 1967 quando Jacques Tati, in Playtime, rinchiudeva il suo spaesato Monsieur Hulot in un appartamento-vetrina, ipotizzando uno sguardo spettatoriale che fosse teoricamente esterno ma praticamente interno, in nome di una totale, destabilizzante cancellazione del privato ormai all’ordine del giorno in una fredda e respingente Parigi futuristica. Se a questo si somma la capillare pervasività delle tecnologie contemporanee, dove, per forza di cose, come insegna McLuhan “il medium è il messaggio”, si arriva a un inevitabile cortocircuito. Il desiderio di migliaia di persone (è possibile non definirlo voyeristico?) di guardare una ragazzina che “piange a dirotto per 5 minuti” – questo il titolo del video più cliccato – stravolta dalla felicità per aver ricevuto in regalo un preziosissimo iPhone, si sposa perfettamente al desiderio (è possibile non definirlo narcisistico?) che il “mondo” assista, certifichi e in un certo senso renda questa felicità pubblicamente esibita più vera del vero.
Non vogliamo qui di entrare nel merito delle scelte genitoriali operate dai protagonisti del documentario – rispetto alle quali si aprirebbe un discorso infinitamente ampio, giustamente complesso - ma piuttosto di rimarcare il potenziale del cinema (documentario e non) come spazio essenziale di riflessione sul reale, poiché di fatto sa esserne insostituibile luogo di condensazione di segnali che rivelano cruciali mutamenti del sentire e anticipazioni dell’agire sociale.