Per Lucio
Per Lucio. Il personalissimo sogno-tributo del regista Pietro Marcello alla intramontabile personalità artistica e umana di Lucio Dalla.
Presentato alla 71ª edizione del Festival di Berlino, prodotto da IBC Movie e Rai Cinema in collaborazione con Avventurosa, Per Lucio è il personalissimo sogno-tributo che Pietro Marcello dedica alla personalità artistica e umana di Lucio Dalla. Del desiderio di fantasticarci su, anticipa già la locandina, che recupera un frame in bianco e nero di Lucio in attesa sulla banchina tra i binari della stazione, mentre dalla sua testa s’innalza una nube, collage di volti e sprazzi di colori. Perché se la realtà è in bianco e nero (il Neorealismo docet) almeno sul grande schermo si sogna a colori! In uno sfumato arco temporale che abbraccia gli anni Settanta e i primi anni Ottanta, il film si apre con la mitica sigla televisiva Lunedì film, musicata da Dalla e trasmessa dalla Rai per un decennio sin dal 1983, ad invitare lo spettatore, ora come allora, a tuffarsi a ritroso in questa rigenerazione di frammenti di celluloide.
Dal simbolo cinematografico d’antan al simbolo di memoria il passo è brevissimo, e la prima tappa di questo viaggio nell’Italia cantata da Dalla è una visita alla sua lapide, ove campeggia una statua, dalla sagoma quasi chapliniana, di uomo con cappello e bastone, la cui epigrafe riporta “Musicista, poeta maestro di vita”. Marcello bada bene a permeare il film dell'originalità e dell’irriverenza con cui Dalla affrontava la vita, non solo quella scenica: l’intima, versatile, malinconica ironia con cui si identificava nei grandi eroi del quotidiano, in coloro che hanno nel vagabondaggio esistenziale un destino di partenze e ritorni, che lo stesso irride “dai significati inquietanti o piccanti” (come non pensare al Il passaggio della linea e Bella e perduta! senza però ancora chiudere il cerchio).
Per dipanare quest’estrema ellissi, Marcello adotta la struttura narrativa del documentario biografico tradizionale, ma solo come cornice esterna, per cui immagini di repertorio - sia di contestualizzazione dell'epoca che della carriera del protagonista - si alternano alle interviste di amici fraterni, voci conduttrici. Domina la figura di Umberto Righi, detto Tobia, uomo senza mezze misure nella vita, senza esperienza nel settore discografico, ma sicuro e lungimirante, che fu il manager di fiducia e d’elezione di Dalla. Così, all’interno di questi canovacci cronologici, il regista ormai maestro della risemantizzazione di materiali eterogenei (Istituto Luce, Cineteca di Bologna, Home Movies, Archivio Cinema Resistenza, Archivio audiovisivo movimento operaio e vari) come esplorazione di storie umane - siano esse fiction (magistrale il suo Martin Eden) o non fiction - sceneggia un realistico correlato visivo di alcuni testi di Dalla, patrimonio dell’immaginario culturale di intere generazioni. A partire da quel 4 Marzo 1943 , che vediamo materializzarsi nello stralcio di una passata edizione dello Zecchino d’oro, in cui sono ospiti d’eccezione l’eterno Gesù bambino-Lucio al fianco dell'imbarazzata e compiaciuta madre (quella idealizzata ragazzina della canzone) roccaforte familiare per lui, orfano di padre ad appena sei anni. Il giovane clarinettista fece del jazz la base tecnica su cui coltivare contenuti “mediterranei”, quali l’immigrazione dal Sud al Nord Italia, la vita in fabbrica, gli anni delle rivolte studentesche e operaie. L'operazione di recupero immagini svolto da Marcello aggira il rischio di scadere nel genere videoclip musicale, paventandosi quasi come una sorta di storiografia melodica della contemporaneità vissuta dall’uomo-cantautore, personalità libera e talentuosa, intraprendente e controcorrente, altruista perché credente. Infatti, in questo intento, programmatico o meno che sia, risultano ben riuscite le sequenze montate sulle note di L’operaio Gerolamo, Intervista con l’avvocato, La canzone di Orlando, canzoni meno note e più ermetiche di altre tipo Balla balla ballerino, che invece amplifica la sua traccia su filmati amatoriali di feste in casa. Su tutte però spicca l’onore personale che Marcello fa a se stesso, accompagnando scene de La bocca del lupo al motivo Parco della luna.
Ed è certamente tutto questo immergersi nella consistenza della vita, riemergendo con testi di poesia autentica, ad aver fondato l’ineguagliabile rapporto di Dalla con il proprio pubblico, in un momento in cui la discografia italiana puntava su interpreti di indiscussa bellezza fisica. Sempre attraverso le parole di Umberto Righi, Per Lucio approfondisce il fondamentale sodalizio artistico che legò Dalla all’intellettuale e sceneggiatore bolognese Roversi, presenza tanto radicale nella crescita poetica di Lucio Dalla che Marcello vi riserva una parentesi sulle origini e sul pensiero dal sapore pasoliniano: incastonata nel voice over la registrazione originale della sua voce, vagheggia la Bologna dell’infanzia fatta di suoni e odori unici, poi scomparsi, come le metaforiche lucciole, a ridosso dell’insorgere della Bologna post-industriale anni Cinquanta. È il tempo dello scatto di velocità e delle automobili da corsa, delle mitiche Mille miglia. La collaborazione elettiva Dalla-Roversi produrrà tre dischi prima di sciogliersi, ma l’imprinting del paroliere, intenso e tangibile insieme, sarà indelebile per Lucio, come lui stesso suggella di suo pugno in lettere di cui il film focalizza le righe.
Terzo ed ultimo invitato al convivio dei ricordi è il filosofo bolognese Stefano Bonaga, amico di Lucio sin dalla tenera età. A lui spettano le riflessioni più esistenziali su un Lucio sedotto senza alcun pregiudizio dalle anomalie e dalle contraddizioni della vita. Nel dialogo di immagini messo in scena da Marcello, Lucio stesso interviene e ricorre, nei tagli di un'intervista-sketch, ad avvallare questo suo profilo, dichiarando di aver iniziato la propria carriera in risposta a chi respingeva la sua diversità, prima di tutto fisica. Alle porte in faccia rispondeva entrando dalla TV. Entrando e uscendo dai versi musicali di Dalla, Marcello isola i raccordi del suo montaggio creativo come quando lega le parole “ferma quel treno ...” alle immagini iconiche dell’attentato alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980; di converso, con contrappunto sonoro aggiunge Futura alle riprese di un talk show televisivo, in cui Lucio Dalla punzecchia Craxi sull’installazione di missili militari in Italia, “contro chi?, a favore di chi?...I Russi, gli Americani?”. Non a caso Futura è anche il titolo del film collettivo di prossima uscita in sala realizzato da Marcello insieme a Francesco Munzi e Alice Rohrwacher, il plausibile evolversi di questa fantasticheria in vera e propria indagine d’antropologia visuale che, proprio come binari di un treno, guarda indietro e guarda avanti, rischiarata però dall’eccezionale faro di Luci(o).