The Port
Presentato al Pesaro Film Festival, il film di Aleksandra Strelyanaya è una fiaba che indaga gli spettri oscuri dell'animo umano.
In The Port di Aleksandra Strelyanaya, due giovani portuali vedono nella boxe la possibilità di fuga da una vita molto dura e la speranza di un guadagno facile. Uno dei due si chiama Andrei, faccia da bravo ragazzo e intenzioni romantiche; l'altro vuole fargli da manager ed è meno raccomandabile. I due iniziano a frequentare un gruppo di persone coinvolte nella malavita locale e in un mondo di lotte di strada e palestre luride. Dalla parte opposta, invece, si colloca Kira, un angelo della redenzione le cui gambe sono rimaste paralizzate a causa di un incidente. La ragazza è la figlia dell'allenatore di Andrei e le storie dei due personaggi compiono percorsi paralleli fino ad intersecarsi per pochi ma candidi attimi.
Lo sguardo di Aleksandra Strelyanaya, cineasta russa giunta al suo sesto film, scolpisce gli snodi più significativi del copione, alternando movimenti bruschi ed ellittici a un approccio rarefatto e più dilatato. Le due storie presentano caratteri archetipici immersi in un mondo di periferia popolato da prepotenti. In un certo senso, sono state le onde del destino a consentire l'incontro tra le due anime pure, invischiate in una foresta oscura di sangue e sudiciume.
Il film presenta una serie di motivi stilistici e narrativi che si appigliano alla lunga tradizione del genere: dalla box vista come possibilità di redenzione all'accoppiata dei due amici che ricorda, da vicino, Mean Streets di Martin Scorsese. Una certa acerbità a livello di scrittura viene bilanciata dalle intuizioni visive della Strelyanaya, bravissima nell'alternanza di registri differenti e nel dinamismo con cui scolpisce la messa in scena del suo film. I neon notturni, i ralenti rarefatti e le pause dilatate richiamano alla memoria i pugni di Solo Dio perdona, senza, però, la ricerca estetizzante fine a sé stessa che serpeggia negli audiovisivi di Refn. Ogni primo piano, ogni sguardo in camera, ogni volto viene continuamente scandagliato, alla ricerca dell'afflato umano nascosto sotto la superficie di cattiveria ferina. L'apertura alla vita e al futuro è presente ma rischia sempre di restare invischiata nel gorgo oscuro della disperazione. In un certo senso, The Port è una fiaba con una principessa che deve salvare e dev'essere salvata.
E, come in ogni fiaba, il film è molto abile nella costruzione di un chiaroscuro dell'anima che si riflette nella dimensione visuale delle immagini. Se la speranza, in questo mondo delineato dalla Strelyanaya, è difficile da trovare, a volte bastano davvero uno sguardo furtivo ed un bacio sulla guancia per allontanare, anche soltanto momentaneamente, gli spettri che si agitano nel buio e per approdare verso un porto sicuro.