Basileus – La scuola dei Re
Percorsi di vita nella scuola Federico Fellini di San Basilio
Ambientato nella scuola Federico Fellini del quartiere San Basilio di Roma, il documenatrio di Alessandro Marinelli, Basileus – La scuola dei Re, racconta un intero anno scolastico di una classe di scuola media. Giovanissimi provenienti da un quartiere popolare e periferico, per certi versi “selvaggio”, sono anime in fiore tormentate dalle difficoltà implicite nell’adolescenza, anime e maschere che percorrono una realtà dove il tragitto di formazione scolastica, per necessità, si interseca con un tragitto di formazione extrascolastica, vissuto in un contesto, familiare, culturale e sociale, a volte molto difficile. Maschere che i giovani ragazzi portano a scuola, maschere che indossano per celare la difficoltà e la tristezza che li attanagliano, maschere da duri, da forti, indossate per non farsi riconoscere, per non manifestare la loro intima fragilità. Il corpo docente impegnato quotidianamente nelle difficoltà derivanti dalle gestioni scolastiche dei ragazzini, sono d’apprima uomini e donne pazienti, prima educatori e solo successivamente anche insegnanti. Basileus, in greco, viene tradotto in re, re dei re, e l’etimologia del nome del quartiere, San Basilio, quartiere di re senza corona, re in potenza, senza scettro e senza pistola, nell’accezione di re di se stessi, consapevoli della propria diversità, del proprio passato famigliare, della propria difficile situazione sociale, re e regine consapevoli del proprio futuro e del proprio presente. E’ proprio questo il messaggio che scaturisce dalle immagini del documentario, Alessandro Marinelli riprende le ombre dietro le pieghe di un complicato presente che si trasporta, perpetuo, sulle spalle come una cartella pesante, fin dentro le aule scolastiche, un macigno da sopportare dietro la maschera di tutti i giorni, dietro al trucco che copre i tratti autentici, in difesa dell’apparenza e dell’appartenenza. Sogni, desideri e lacrime, i giovanissimi in fiore del Federico Fellini sono anime in mutamento, costrette dentro a dei corpi già troppo duri, nascosti dietro a sguardi già troppo consapevoli. E dai percorsi personali dei ragazzi si costruisce il panorama di un quartiere che porta con sé le proprie tematiche, spaccio, droga, violenza, nelle difficoltà di crescita in un contesto perlopiù incentrato sulla sopravvivenza. Percorsi formativi creati su misura per ogni singolo ragazzo, dal parkour per far sfogare la carica fisiologica di un’energia in divenire, e per sfogare la frustazione di crescere nella difficoltà, all’insegnamento della materia partendo dalle casistiche umane di ogni singolo alunno. Una docenza che trascende la conoscenza istituzionale facilitando la conoscenza di se stessi, non perdendo mai aderenza rispetto al programma scolastico. Sono molti i temi sociali che vengono portati in aula, emigrazione, droga, violenza, dolore, emancipazione, deficit, futuro, temi che vengono posti ai ragazzi dal corpo docente, cercando in loro una risposta da confermare, ed assecondare, se socialmente giusta e se fondata sul rispetto altrui, o da sovvertire, con il ragionamento, se incline all’asocialità più che sulla comprensione. Marinelli si muove alla ricerca di porte d’ingresso, pedinando, zavattinianamente, i ragazzi, tra saggi musicali, interventi punitivi, restando sempre dentro le aule, in palestra, al campo di calcio della scuola, inseguendoli negli ambienti che i ragazzi quotidianamente vivono, alla ricerca di soglie di passaggio tra un’identità costruita dall’ambiente sociale al quale appartengono e un’identità soggettiva unica, personale, e teneramente celata.