Seberg

di Benedict Andrews

Il film con Kristen Stewart inizia ricreando l'incidente tra le fiamme sul set di Santa Giovanna ma perde progressivamente il fuoco vitale di cui avrebbe necessitato

Seberg - Recensione Point Blank

Le prime immagini del nuovo film diretto da Benedict Andrews e passato Fuori Concorso alla 76esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia sono un manifesto programmatico di tutto ciò che Seberg avrebbe dovuto essere ma che non è stato. Kristen Stewart presta il suo volto androgino all’icona della Nouvelle Vague, a partire dalle fiamme di Santa Giovanna, film diretto nel 1957 da Otto Preminger. Di fronte ad un avvio del genere, ci si aspetterebbe, quanto meno, un biopic che avvolga il suo personaggio principale tra le calde fiamme degli anni ’60, fino alla morte per apparante suicidio datata 1979.

Eppure, ciò che più manca a questa ricostruzione storica sono proprio la passione ed un afflato vitale che avrebbero consentito al film di abbandonare la scialba formula della mediocre e superflua vicenda romanzata neppure capace di inglobare nel proprio tessuto visivo materiali di repertorio da piegare ad un progetto di costruzione narrativa. Tra la ferita del 1957 e la morte provocata dalla passione sociale, Jean Seberg ha avuto una vita parecchio travagliata: tre matrimoni, una figlia deceduta due giorni dopo essere nata e nove tentativi di suicidio.

Dopo Una, Benedict Andrews concentra nuovamente la sua attenzione sul dramma dell’abbandono e si focalizza sulle ripercussioni che la vita privata della Seberg ha avuto relativamente agli aspetti pubblici della sua esistenza. E così, la fase meno nota dell’esistenza dell’attrice sarebbe dovuta diventare un pretesto per indagare la solitudine ed il vuoto esistenziale che hanno caratterizzato gran parte dei suoi anni ’60. Tornata a Los Angeles per prendere parte a nuovi film, l’attrice finì nel mirino di sorveglianza illegale dell’FBI. Il suo coinvolgimento politico e sentimentale con l’attivista per i diritti civili Hakim Jamal la trasformò in un obiettivo dei tentativi spietati del Bureau of Investigation di screditare lei e denunciare il Black Panther Party.

L’operazione portata in scena da questo Seberg non è riuscita perché, nonostante la solita fantasmatica presenza di Kristen Stewart, musa di Olivier Assayas in Sils Maria e Personal Shopper, il film non riesce mai a restituire la sensazione di riunione di spettri che attanaglia ed opprime il corpo della Seberg. A parte il fisico desiderante dell’attrice americana, ogni aspetto della messa in scena è volto alla semplificazione e all’obiettivo di una ricostruzione che tende ad eliminare il materiale potenzialmente pruriginoso per scegliere la via che conduce alla linearizzazione più totale. Il film di Andrews è un contenitore sformato, un ammasso di spezzoni dal manierismo superfluo, in cui i personaggi non hanno motivazioni e non vivono un adeguato arco narrativo. È un vero peccato che il solo elemento denso di un soffio vitale sia proprio quella Kristen Stewart che, nei film di Assayas, si poneva come medium in grado di sondare le profondità oscure della vita, un corpo liquido in movimento in un mondo impossibile da decifrare.

Autore: Matteo Marescalco
Pubblicato il 31/08/2019
Regno Unito, USA 2019
Durata: 102 minuti

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