Boxtrolls - Le scatole magiche
Mostri in scatola e raffinatissimi formaggi colorano il nuovo straordinario universo steampunk firmato LAIKA
Boxtrolls - Le scatole magiche, ultima creazione dello studio di animazione LAIKA, si configura come ulteriore e riuscitissimo esperimento in cui l’estetica della stop motion è arricchita di effetti visivi digitali e in cui le riprese, effettuate a passo uno, sono realizzate in 3D. Lo studio aveva già incantato platee e festival internazionali con i primi due lavori, Coraline e la porta magica e ParaNorman, conquistando consensi e premi grazie alla forza e al fascino della poetica proposta.
La nuova avventura dello studio dell’Oregon, narrata e diretta da Anthony Stacchi e Graham Annable, ha come protagonisti i Boxtrolls, dei simpatici mostricciattoli semplici e pacifici, inventori e riparatori, le cui teste, mani e piedi emergono da scatole che ne costituiscono i corpi. Ritenuti malvagi e spietati dalla comunità di Pontecacio, paese di aristocratici del formaggio al cui apice sociale troneggia il sindaco Lord Gorgon-Zole (doppiato da Jared Harris di Mad Men) e la sua buffa e ribelle figlia, Winnie (Elle Fanning), sono costretti a vivere in un mondo di cunicoli sotterranei. L’ambiente richiama, in modo a volte esplicito - emblematica l’immagine dei protagonisti Pesce e Uovo che suonano strumenti ricavati da oggetti di recupero - le atmosfere di Jean-Pierre Jeunet e in particolare del suo strepitoso Delicatessen.
Le maldicenze riguardo la pericolosità dei Boxtrolls sono divulgate dal malvagio Archibald Arraffa (Ben Kingsley) che si avvale della leggenda del rapimento del piccolo Trubshaw e dell’omicidio del padre (Simon Pegg di Star Trek) per terrorizzare la popolazione e alimentare l’odio nei confronti dei piccoli protagonisti in scatola. Creature costrette a rifugiarsi sottoterra e sgattaiolare in superficie di notte per rovistare nella spazzatura e recuperare scarti di vario genere. I Boxtrolls, infatti, riparano ogni cosa gli capiti tra le mani. Affascinati dai piccoli oggetti quotidiani ne recuperano i pezzi ai fini di arricchire il loro magico universo sotterraneo, un mondo di scatoloni chiusi in cantina colmi di cianfrusaglie e ricordi, serbatoio di meraviglie e riserva naturale di sogni.
Il film, malgrado un’innata semplicità narrativa legata al genere, tratta con estrema chiarezza e profondità argomenti elaborati e di natura complessa. Illustra, innanzitutto, come in una comunità pervasa dalla paura sia difficile tracciare un netto confine morale tra bene e male e, conseguentemente, distinguere i buoni dai cattivi. A volte è sufficiente una parola falsamente rassicurante per lenire il terrore e deviare lo sguardo dall’evidenza e, spesso, una condizione di illusoria tranquillità è preferita al confronto con l’ignoto. Inoltre, Boxtrolls - Le scatole magiche si sofferma su quell’oscuro desiderio di governare e prevalere sugli altri, quella pulsione tipica di chi è assetato di potere e ciecamente dedito a perseguire i suoi scopi. Una scalata sociale, quella tentata da Arraffa, di per sé vana e ridicolizzata, in quanto ridotta alla mera possibilità di assaggiare un sofisticato brie. Cosa, peraltro, per lui potenzialmente letale, in quanto allergico al formaggio.
La tecnica ibrida usata per realizzare l’opera si propone come mezzo narrativo ideale. Boxtrolls - Le scatole magiche si fa testimone di un’arte antica che, seppur rielaborata con nuovi strumenti, non perde il fascino della sua magia originaria. Anzi, ne recupera consapevolmente la poesia e ne esalta le potenzialità espressive sfruttando la tecnologia a disposizione in modo mai banale. Così, nonostante lo studio di animazione si definisca e si dimostri tecnologicamente all’avanguardia, Boxtrolls - Le scatole magiche si configura come un elogio all’artigianalità, alla materia e alla lentezza. Quella lentezza necessaria per il passo uno, in cui ogni fotogramma si fa carico del tempo che l’ha creato, liberando strati di significato. La fusione di tecniche diventa, infatti, ricettacolo di senso, riparando cesure e riallacciando un rapporto con il passato, con quelle scatole magiche chiuse in cantina, attraverso una lavorazione che trasuda di vitale concretezza. Il team LAIKA, capeggiato da Travis Knight, sembra così sposare la condivisibile filosofia che non ci sia nulla di più autenticamente efficace di un’opera che sia vivamente consapevole del valore della sua eredità.