Casilina Express è la storia di tre generazioni raccontata nell’arco di 30 minuti. Tre colleghi, tre ferrovieri, che si appoggiano nel loro lavoro con insolita complicità. Andrea ormai vicino alla pensione deve imparare ad usare il computer per restare al passo coi tempi, mentre il giovane Calimera necessità dell’esperienza dei colleghi per barcamenarsi nel groviglio di treni che partono e arrivano, bloccati da imprevisti e guasti continui. Particolare non irrilevante è che le riprese del film hanno avuto inizio proprio due giorni prima l’ennesimo investimento alla fermata che porta il nome di Walter Tobagi. Dunque, probabilmente proprio perché appartenenti alle generazioni del prima e del dopo, si appoggiano, l’uno l’altro, per mandare avanti il lavoro di una linea metropolitana in superficie che vive e continua a vivere. La camera che parte con un’ampia panoramica sulla stazione, e sui volti della moltitudine che la popola, punta la focale sulla piccola storia personale dei protagonisti, che tramite i loro ricordi, nei momenti più intimi della quotidianità, restituiscono i 20 anni trascorsi di uno squarcio di periferia.
Nato da un’iniziativa dell’Università di Roma3 nel 2005 “Roma e le sue città”, con l’intento di tracciare una nuova mappa visiva di Roma, il documentario focalizza l’attenzione sulle mutazioni che il paesaggio urbano della periferia dell’area a sud-est di Roma ha subito negli ultimi 20 anni. Il treno che ci porta di stazione in stazione penetrando il paesaggio è lo stesso su cui per molti anni ha viaggiato il nostro regista Tommaso Valente; e quindi anche il frutto di un’esperienza personale che il regista condivide con i suoi attori improvvisati, nella vita da sempre ferrovieri. La magia del documentario si avverte, l’occhio della camera è sempre indiscreto, e ruba dalla scena reale brandelli di quotidianità e verità. Una quotidianità che viene rapportata al passato, per indagare le differenze che la sostanziano, facendo sapiente uso della fotografia, elemento caro al documentario. Il film riscritto in rapporto con il susseguirsi degli eventi, che si sviluppavano con spontaneità mentre la camera li pedina fino ad occultare la propria presenza, in verità perde un po’ dell’effetto in presa diretta. L’impianto linguistico del film è molto forte, le riprese a spalla sono poche, per un genere che ne fa un uso quasi sistematico, e quando vengono realizzate hanno un tocco stilistico che le allontana molto dall’effetto di realtà. Probabilmente tutto questo è anche voluto, nella consapevolezza di voler dare una reinterpretazione personale del genere. Il film comunque – che non si presta alla narrazione, ma che vuol “far vedere” – è confezionato molto bene dal montaggio e dalla qualità delle riprese. Casilina Express è connotato da un forte tocco personale, nel ritmo delle inquadrature che riprendono il movimento stabile e cadenzato del treno; lo stesso treno che come un “carrello”, attraversando lo spazio, consente al pubblico di attivare il suo sguardo indagatore. La stessa linearità connota lo stile delle riprese, lontano dall’effetto a tratti tremulo e tentennante della presa diretta che insegue il reale. L’inquadratura è composta, il soggetto inquadrato correttamente. Girato con due camere, Casilina Express offre la completezza di più punti di vista.
Dopo le difficoltà iniziali, recentemente il documentario è stato accolto al Festival che si tiene annualmente alla Indiana University, nella sezione di Italianistica. È possibile già da oggi vedere il documentario interamente su Youtube. Se interessati, cliccate qui.