Come una crisalide
L'esordio nel lungometraggio di Pastore è un dignitoso thriller con un solo protagonista, l'assassino.
Nei primi anni Settanta l’Italia godeva di una fauna pregiata costituita da uccelli dalle piume di cristallo, farfalle dalle ali insanguinate, iguane dalle lingue di fuoco, lucertole con pelle di donna e tanti altri esemplari. Andò però estinguendosi nel giro di pochi anni. Ad oggi non esiste più nulla del genere, ma nel 2009 è spuntato fuori qualcosa come una crisalide. Non basta, ovviamente, un titolo a creare entusiasmo ma la rediviva speranza ti spinge a cercarlo.
Il film di Luigi Pastore inizia puntando in alto con una citazione tratta da Tenebre e per essere un’opera prima la scelta potrebbe infastidire alquanto. Ne sono passati di videoamatori inneggianti a Dario Argento e convinti di essere i suoi profeti. Ma il naso storto torna a raddrizzarsi con lo scorrere delle immagini: Come una crisalide non è così male, non si tratta infatti della brutta copia di un film del maestro. Anzi, a ben guardare, lo stile grezzo e senza eccessive pretese riporta alla mente più il Fulci di Lo squartatore di New York. Beninteso stiamo parlando pur sempre di un prodotto a basso budget, dunque povero nella messa in scena, ma in grado di mantenere una propria dignità superiore alla media dell’horror underground. La storia è narrata quasi esclusivamente dal punto di vista dell’assassino, Crisalide, unico vero protagonista e di cui non è mai svelato il volto. L’intero racconto è una pseudo-soggettiva del killer, tre anni prima del remake di Maniac, a cui si alternano gli sketch di un teatrino di marionette con la stessa funzione del coro greco nella tragedia. Non esiste un intreccio, la storia procede in modo lineare lungo un viaggio scandito da efferati delitti. Tutto porta lo spettatore a immedesimarsi con il colpevole e allo stesso tempo a identificarlo come la vera vittima di una serie di ingiustizie e violenze. Davanti ai suoi omicidi si prova un senso di rivalsa accompagnato da un sadico piacere, specie quando il sangue di un prete pedofilo sporca l’immagine di Papa Benedetto XVI. Non sono da meno neanche l’esecuzioni della prostituta e del cliente, dove Eros e Thanatos si fondono perfettamente, e quella del cacciatore mutato in preda. La scena del conduttore televisivo torturato a ritmo di tarantella fa invece il verso a Le iene. Nel tempo libero il nostro antieroe si dedica alle riprese di paesaggi naturali e paperelle in grado di svelare l’anima solitaria e poetica di questo outsider, un artista maledetto interpretato, come accadeva anche nel primo Saw, dallo sceneggiatore del film (in questo caso Antonio Tentori). Forse è superfluo sottolineare che tutto il sangue versato è opera di Sergio Stivaletti. Mentre Claudio Simonetti si esibisce con i Daemonia nella scena del night e collabora alla colonna sonora con gli Art Vision.
Va ringraziato Pastore per non avere realizzato, nonostante le ristrettezze economiche e l’idea del racconto in soggettiva, l’ennesimo mockumentary; un escamotage troppo facile che, oltre a ridurre i costi di produzione, il più delle volte annienta ogni forma di regia. Come una crisalide, il cui titolo internazionale è Simphony in blood red, resta invece un buon biglietto da visita che, si spera, permetterà all’autore di trovare sostenitori per progetti più ambiziosi. Al momento ha prodotto Hippocampus M 21th di tale Alexander Fennert, regista senza volto né credenziali, e diretto il reboot di Violent shit, la saga splatter creata da Andreas Schnaas e Steve Aquilina. Come una crisalide e Hippocampus M 21th sono acquistabili in dvd, mentre per giudicare il suo secondo (o terzo?) lungometraggio da regista bisognerà attendere con molta probabilità il prossimo maggio.