Vento di Soave

di Corrado Punzi

Brindisi. La vita all'ombra del petrolchimico Eni e della centrale a carbone Enel nel documentario di Corrado Punzi.

Vento di Soave di Corrado Punzi

Corrado Punzi (Lecce, 1979) ha declinato con estrema chiarezza, fin dal principio, il suo percorso d’indagine verso tematiche di notevole rilevanza sociale e politica: il carcere (I nostri volti, 2005), il conflitto etnico tra Hutu e Tutsi in Burundi (Petit Pays, 2008), le rivendicazioni e le lotte delle lavoratrici del tabacco nel Salento (Di chi sei figlio, 2009), la dittatura e la tragedia dei desaparecidos in Cile (Fresia, 2013), l’inquinamento ambientale a Taranto (I quattro elementi, 2014) e l’emancipazione femminile (Da Pari a Pari. Le Prime Donne al Voto nel Salento, 2017).

Con Vento di Soave – presentato nella sezione Doc/Italiana al 35° Torino Film Festival – il regista torna a puntare il dito sulla piaga dell’inquinamento nella propria terra, il Salento, provando a delineare il contesto politico che la genera e le disastrose conseguenze che da questo stato di cose vengono inevitabilmente determinate. I protagonisti del documentario, asciutto e minimalista, trattenuto nei toni quanto incisivo nell’assunto finale, sono due agricoltori che vivono e lavorano nell’area brindisina, classificata “ad alto rischio ambientale” fin dal 1997 e tutt’ora, incredibilmente, ancora in attesa di essere bonificata. Assieme a loro un sub, che si immerge nell’Adriatico per portare a riva pesci affetti da orrende malformazioni, e infine l’addetto alle comunicazioni della centrale a carbone Enel, complesso industriale responsabile – assieme al petrolchimico Eni – del degrado ambientale e dell’angosciante e insostenibile situazione sanitaria.

Da un lato la quotidianità di chi vive in questo lembo di terra avvelenato, dall’altro la burocrazia, le denunce e i processi in atto che purtroppo non sembrano offrire alcuna risoluzione concreta a chi tenta di difendere il proprio lavoro e la propria salute. Il documentario di Punzi si sviluppa insomma su più piani, intersecandoli e alternandoli, allo scopo di offrire allo sguardo spettatoriale le diverse sfaccettature della complessa realtà presa in esame. Al contempo però l’approccio dell’autore sembra puntare alla totale invisibilità (nessuna intervista, nessuno sguardo in macchina) e, di più, a un’apparente neutralità – se possibile - di fronte alla materia trattata, forse in nome dell’idea che il reale stesso possa svelare le proprie intrinseche e profonde contraddizioni in modo pressoché autonomo e spontaneo. Il regista procede quindi quasi “congelando” e assemblando brani sparsi di una quotidianità che dovrebbe avere dello straordinario per la sua portata drammatica – basti pensare all’aumento esponenziale di tumori, malformazioni congenite e malattie respiratorie e cardiovascolari, rimarcato nella didascalia finale – ma che invece, proprio perché in atto da decenni, viene ormai considerata e sentita come ordinaria: poiché è stata in un certo senso reinserita, nella percezione comune, in una presunta normalità che però non è affatto tale.

Questo grado zero della regia, che raccoglie e assembla, registra e mostra senza intervenire, destrutturare, commentare, è possibile proprio in nome della pregnanza delle immagini e delle sequenze che compongono il film. Che si nutre, a ben guardare, di mute e paradossali collisioni: il responsabile delle comunicazioni della centrale dell’Enel, in visita nell’ospedale assieme ai clown dottori serenamente in posa per la foto con tanto di naso da pagliaccio e infine, nell’eloquente e amaramente sarcastico epilogo, la folla felice in spiaggia che canta e balla (“Su di noi nemmeno una nuvola”) con le centrali sullo sfondo, esattamente a ridosso del mare in cui mamme e bambini fanno il bagno.

Del resto, la contraddizione e l’ossimoro come chiave di lettura di questo luogo di tensioni irrisolte, a sua volta specchio ed esempio di più ampie dinamiche nazionali e sovranazionali, sono già rimarcate a chiare lettere nel titolo. Quel “Vento di soave” che fu epiteto dantesco per la grande e gloriosa dinastia Sveva e quindi per Federico II, dal quale la centrale dell’Enel prende il nome, oggi porta con sé soprattutto polveri sottili.

Autore: Arianna Pagliara
Pubblicato il 14/03/2018
Italia, 2017
Regia: Corrado Punzi
Durata: 77 minuti

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