Dentro di te c'è la terra

di Cosimo Terlizzi

Cosimo Terlizzi e il talento di raccontare l'aporia tra l'ordinario e il prodigioso che ci circonda

Dentro di te c'è la terra - recensione film Terlizzi

Dopo Dei, esordio al cinema di finzione, Cosimo Terlizzi torna al video-diario, riprova di come questa forma di racconto, spontanea e fuggevole identifichi, senza soluzione di continuità, la propria cifra bio-autoriale, il talento senza fronzoli, di portarsi in equilibrio sull'aporia inesplicabile di ordinario e prodigioso che ci circonda.

Dentro di te c'è la terra, presentato nella sez. Onde del 37mo TFF, tappa dopo tappa, porta avanti il progetto di farsi "strada di casa", in continuità con le parentesi di viaggio e le svolte di vita avviate da Folder, passando per L'uomo Doppio. On the road introspettivo, dove "strada" sta per relazioni fisiche, virtuali e ancestrali, e "casa" sta per brevi soste, esplorazioni, studio per un film. In questo caso, con particolare sguardo al film che sarà Dei, di cui porta inscritte molte premesse sin dall'incipit, su tutte le ripetute riprese di amici addormentati e loro risvegli (topos delle vicende del protagonista Martino) nonché l'impresa di risanare un dialogo con la natura, "nostra dimora comune", che non sia una vuota eco, né sciocca imitazione. Il regista invita lo spettatore stesso a rin-tracciare un personale percorso di riflessioni, a rivenire in questo suo zibaldone, un suggerimento, un pretesto, che capo della matassa dispieghi un filo di Arianna e conduca fuori dal dedalo di disastri socio-ecologici, ipocrisie e debolezze del quotidiano.

Questo l'esercizio di video-annotazione, che Terlizzi interpreta in prima persona, avvalendosi della scrittura a mano, insolita per l'ormai diffusa percezione touch screen o da tastiera. In soggetiva, appunta di suo pugno, sulle pagine di un taccuino, pensieri (come titoli di testa e di coda, capitoli tematici) suggestioni, interpellazioni dirette allo spettatore-interlocutore fuori campo che ripercorrere con lui situazioni e incontri. Così più che dall'avvicendarsi degli eventi esposti, l'intimità del mettersi a nudo, pare quasi scaturire direttamente da quel corsivo che solca la carta, da quella lettera A disgrafica, tracciata alla stesso modo di una Z, che dall'impulso del cervello al gesto della mano, ricalca memorie di una vita intera. Può dirsi lo stesso dei mille selfie compulsivi scattati con perfezione fotogenica dalla giovane amica di passaggio sull'isola di Alicudi? Cosa potrà conservare la sua mente di quella serialità estemporanea di pose stagliate su panorami mozzafiato? Eppure anche lei "aggiunge storie al proprio diario"!. E se non fosse per quella stessa leggerezza digitale, neppure il regista potrebbe ricevere la traduzione di una inscrizione araba che come un monito misterioso campeggia sulla parete della casa delle vacanze. Per questo, lo scarto tra le cose è sempre posto senza giudizio, anche quando incolmabile, come il confronto tra la ragazza e un giovane isolano, guarda caso sulle parole forse più abusate e risemantizzate di questo millennio: Amicizia e Spreco. L'incomunicabilità allora pare un abisso, per chi avulso per scelta dall'universo social di followers e likes, ostenta con maggior orgoglio i piedi nudi martoriati dal paesaggio impervio e ancora si esprime in termini di fiducia da guadagnare e coltivare. Nell'epoca del culto e flusso imperante delle immagini, qualcuno ancora si specchia nella terra che calpesta. Per Terlizzi il passo è davvero breve.

Se già da La benedizione degli animali, l'artista , pur figlio ipertecnologico dei suoi tempi, si mostrava creatura nel creato, per ridimensionare l'uomo e il suo dominio, in questo suo ultimo lavoro di ricerca preliminare sui miti greci ed altre visioni rituali antropomorfiche, giunge a porsi il dubbio che a fondare la presunzione umana di soggiogare la terra ci sia l'antico fraintendimento dell'uomo plasmato ad immagine di Dio. Perfettamente in linea con le interpretazioni teologiche di con-creaturalità e quasi parafrasando l'intramontabile Preghiera semplice, nel microcosmo della propria lamia brindisina, Terlizzi sembra davvero farsi umile "strumento" di dedizione e convivenza incontaminata, quando senza violazione ascolta e cura le piantagioni in dialogo tra loro, sì da attrarre utili insetti; quando asseconda l'istinto solidale, anziché quello predatorio, tra cani, gatti e galline, o quando insegna ad un giovane africano ad "in-telligere" le parole in lingua italiana e la nostra cultura popolare.

Così questo diario di ispirazioni creative, lungi dal dirsi conclusivo nella parabola artistica dell'uomo-autore, è esso stesso terra prospera, semina del futuro. Si rivolge e consegna ad un bambino, nuovo Adamo fatto di terra e speranza, che schiude gli occhi al giorno, confidando le domande eterne "Chi sei tu?", "Che ci fai qui?". La purezza della risposta è il miracolo che per fortuna la vita ancora non ci nega!

Autore: Carmen Albergo
Pubblicato il 02/12/2019
Italia, Svizzera 2019
Durata: 83 minuti

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