Speciale MUBI / Night Tide
A ritroso nel fantastico del cinema americano, suolo che è già terra di morti viventi nel cult fantasy di Harrington presente su MUBI grazie al restauro in 4K curato da Refn.
[Questo articolo fa parte di uno Speciale dedicato alla piattaforma di streaming on demand MUBI, un focus monografico composta da una galleria di recensioni contaminate da riflessioni teoriche, emotive, autobiografiche, per riflettere trasversalmente sul tema della cinefilia on demand e sul più generale rapporto che intessiamo oggi con le immagini. Il progetto è stato presentato e inquadrato nell'editoriale "Di MUBI e del nome del cinema", che potete trovare qui].
Scomparso nel 2007 all’età di ottantuno anni, Curtis Harrington è un altro di quei nomi che sono stati dimenticati troppo presto. Eppure i motivi per cui dovrebbe essere ricordato non mancano di certo: precursore del New Queer Cinema e amico personale di James Whale negli ultimi anni di vita del grande regista inglese (fu proprio Harrington a ritrovare i negativi originali di The Old Dark House, considerati perduti); e ancora, dalla factory di Roger Corman alle collaborazioni con Kenneth Anger, dai cortometraggi sperimentali fino ai suoi titoli di maggiore successo degli anni Settanta (Chi giace nella culla della zia Ruth? e I raptus segreti di Helen, oltre ai suoi b-movies prodotti per la televisione come Devil Dog – Il cane infernale). Troppo poco per il pubblico italiano, forse, che comunque ha potuto trovare nella programmazione dei canali satellitari un buon antidoto contro l’invisibilità alla quale il regista sembrava ormai condannato.
È appunto il caso di Night Tide, il suo primo lungometraggio risalente al 1961, che oggi è possibile recuperare anche grazie a MUBI e al lavoro di restauro patrocinato da Nicolas Winding Refn (all’interno di un catalogo appositamente selezionato dall’autore danese che comprende, tra le altre cose, persino riscoperte bizzarre come Satan in High Heels e Orgy of the Dead, da una sceneggiatura di Edward D. Wood Jr.). Rivisto oggi, Night Tide è un film che sembra raccontare molto del panorama fantastico di un’epoca, quella dei primi anni Sessanta, ancora sospesa tra passato e futuro: da un lato l’inevitabile influenza del cinema classico della RKO, di Val Lewton e di Jacques Tourneur (Il bacio della pantera è il primo titolo al quale viene solitamente accostato, non a caso); dall’altro, la volontà di sganciarsi dalle coordinate più conservatrici di un genere che di lì a breve si sarebbe radicalmente trasformato nella più lucida e spietata rappresentazione della contemporaneità, da La notte dei morti viventi in poi, attraverso una libertà creativa e una vena sperimentale dichiaratamente figlia degli anni della Nouvelle Vague e del Free Cinema. Ed è propro dagli antesignani del film di Romero che bisogna ripartire per comprendere come il cinema fantastico stesse cambiando pelle, nel tentativo di confrontarsi con una realtà a sua volta sempre più mutevole e sfaccettata: Night Tide trova quindi il proprio posto accanto a titoli come Carnival of Souls di Herk Harvey (anch’esso presente su MUBI) e Spider Baby di Jack Hill, tra i primi a raccontare l’ingresso dell’orrore nel quotidiano con spirito fortemente rivoluzionario e di rottura nei confronti del passato.
La storia di un giovane marinaio in licenza (il venticinquenne Dennis Hopper, qui al suo primo ruolo come protagonista), perso tra le strade e i locali di una località di riviera fino all’incontro fatale con una bellissima ragazza che forse si rivelerà essere una sirena (o forse no), precede di un anno proprio il capolavoro di Harvey, del quale anticipa - anche visivamente - il ruolo spettrale della cittadina di provincia e del Luna Park, una sorta di American Horror (Hi)Story su un paese che è già terra di morti viventi, di solitudini e di freakshow. In Harrington il tono è fiabesco e persino tenero (nonostante la sequenza prettamente horror dell’incubo, in cui il protagonista si ritrova avvinto dai tentacoli), senza dubbio lontanissimo dalle derive più estreme del genere; eppure, al netto di alcune ingenuità e verbosità figlie del suo tempo, la presa di posizione del suo autore è lucida e incredibilmente spietata. Il sogno americano dei padri è una fairy tale che viene raccontata a bambini cresciuti senza punti di riferimento (Johnny è stato abbandonato dal padre, Mora è un’orfanella trovata da bambina su un’isola al largo della Grecia), il divario tra le generazioni si è già trasformato in abisso e a farne le spese sono sempre gli innocenti: dietro le apparenze da fantasy marino, Night Tide cela tutta l’inquietudine e la disillusione di un mondo che ha appena cominciato a mettere a nudo le bugie sulle quali si è sempre basata la propria Storia; e l’ambiguità irrisolta del finale non fa che aumentare la sensazione di disagio e di incertezza che si respira per tutto il film. A ben pensarci, non è un caso che anche nel bellissimo Noi di Jordan Peele tutto nasca da un Luna Park…