Il sogno di Omero
Un epico viaggio nell'onirismo per raccontare i sogni di cinque persone che soffrono di cecità congenita.
Nel tempo dello streaming, del satellite e delle mille possibilità di distribuzione e fruizione, gli audiovisivi sono ancora fortemente vincolati a regole e modelli, scritte o no, che devono essere rigidamente rispettate se un film vuole quantomeno sperare di ottenere uno spazio di visibilità e una fetta di mercato. Da questo punto di vista, quando in questo panorama di formati omologhi si palesa un'opera capace di differenziarsi, riesce quantomeno ad attrarre verso di sé la curiosità del pubblico più attento, che la osserva proprio come si scruta un alieno.
È il caso del documentario Il sogno di Omero, un mediometraggio dall'anomala durata di quarantacinque minuti, sul quale Emiliano Aiello è stato a lavoro per diversi anni. Il regista romano è partito da una ricerca scientifica di Helder Bertolo, un biofisico dell'Università di Lisbona, che ha scoperto che i ciechi sognano esattamente come i vedenti, ovvero con gli stessi contenuti visuali. Aiello ha incontrato Gabriel, Rosa, Domenico, Fabio e Daniela, cinque non vedenti dalla nascita, persone quindi che non dispongono di una memoria visiva a cui far riferimento e che per l'occasione hanno appuntato le loro visioni oniriche in un audiodiario, che poi è diventato il fil rouge del racconto. Naturalmente il film prende le dovute distanze dal voler restituire uno spaccato del quotidiano vissuto dalle persone non vedenti, e non è neanche un test o un esperimento in cui cercare qualche prova scientifica sull'attività onirica di chi soffre di cecità congenita. A suo modo, Il sogno di Omero tenta di esplorare e mettere in scena i sogni degli stessi protagonisti attraverso un viaggio nell'interiorità e con una struttura ispirata all'Odissea di Omero, che è stato il primo grande scrittore cieco a parlare proprio di sogni. Il film, nel rispetto della sintonia con il tema che propone, riesce ad offrirsi nella sua visione abbandonando il primato dell'immagine e costruendo un racconto imperniato sulla parola e sui suoni. Un approccio che pare andare contro i principi alla base della costruzione di un racconto filmico, ma che soprattutto tenta di ridefinire i rapporti di forza tra suono e immagine, sbilanciandosi fortemente a favore del primo. Aiello opera una gerarchizzazione inedita degli elementi che costituiscono il suo racconto, mettendo al primo posto la voce dei protagonisti e i suoni, che dunque non sono più relegati ad un ruolo di accompagnamento delle immagini. Il depotenziamento della visione (ad esempio tramite l'uso di sfocature) è funzionale non solo per provare a simulare il possibile aspetto di una visione onirica, ma anche ad assegnare un plusvalore al suono.
Un film sulle visioni oniriche, in cui le immagini fanno da perimetro a una narrazione orale e di suoni, proprio come quella che tanto piaceva ad Omero.