FilmsToSmoke - K smette di fumare / Q smette di ricordare

Sebastiano Montresor affronta a sue spese le dipendenze e la perdita d'identità in un dittico dal look fumettistico.

La dipendenza è la subordinazione di se stessi a un elemento esterno. Smettere di dipendere è di conseguenza un modo per ritrovarsi. In ciò i titoli di Sebastiano Montresor, K smette di fumare e Q smette di ricordare, sono palesemente esplicativi. Il dittico, anche noto come FilmsToSmoke, ha come punto di ancoraggio le sigarette HB ma il tabagismo è solo un MacGuffin per riflettere su un concetto ben più esteso. Il protagonista della prima avventura è K, un antieroe della carta stampata ormai in disuso. Per essere più espliciti la lettera altro non è che l’iniziale di Kriminal e Killing, ovvero il fumetto del 1964 e il fotoromanzo del 1966 dove il protagonista era sostanzialmente lo stesso. Montresor fa un’operazione simile a quella di Joe R. Lansdale quando ripesca personaggi del calibro di Godzilla ed Elvis per renderli protagonisti di racconti con una forte componente malinconica. Come si accennava fin da subito, la dipendenza dalla sigaretta tanto elucubrata da K è nella sostanza un surrogato della perdita d’identità. Q non ha invece un antecedente, un corrispettivo nell’immaginario comune. La sua lettera rimanda semplicemente alla regina nel poker ed è per questo che ci si sarebbe aspettati di vedere un terzo film con protagonista un J o una A in grado di completare la scala. Al momento, però, il progetto non è in cantiere. Ritornando a Q, la sua dipendenza è più astratta perché si basa non sulla presenza ma sull’assenza, ovvero sul ricordo e di riflesso sul tempo. Non è un caso che il personaggio sia ossessionato da una scena di Un’estate d’amore, uno dei film in cui Bergman riflette maggiormente sulla memoria. La scelta di Montresor di ricollegarsi a questa pellicola e non, ad esempio, a Emanuelle nera n.2 chiarifica come la sua cultura di riferimento non sia esclusivamente popolare ma un misto di alto e basso. A tal proposito bisognerebbe ricordare che K è anche il protagonista di Il castello di Kafka. Perciò, per quanto possa suonare azzardato, non è in realtà impensabile affermare che in un film che nasce, almeno in apparenza, come omaggio al fumetto nero italiano si respirino atmosfere tarkovskyane. Le storie (sia in K che in Q) non si dipanano, ma fluiscono. Vivono in un limbo onirico dove non è importante che lo spettatore colga ogni passaggio od ogni battuta, perché il senso è più esteso, è tutto intorno, e l’interpretazione del singolo particolare si può ricercare tranquillamente a posteriori. Beninteso, Montresor rifugge dalla retorica del sublime poetico dando alle immagini un tono scanzonato e se nel primo film tutto funziona impeccabilmente, per chi scrive, il secondo poteva essere epurato dagli orpelli fumettistici che mitigano la drammaticità della storia. Resta in ogni caso una scelta in linea con lo stile dell’autore.

Immagine rimossa.

Sebastiano Montresor aveva infatti esordito nel lungo nel 2006 con L’eredità di Caino, co-diretto da Luca Acito e interpretato da Filippo Timi, ma si era fatto conoscere per il suo stile tendente al trash (ma di quello colto) tra il 2010 e il 2011 con i due volumi di VigasioSexploitation. Quando nelle estati del 2012 e del 2013 è tornato a dirigere, si è nuovamente autoprodotto. I budget stimati, se paragonati a quelli di altre produzioni underground, sono irrisori. Ma ciò non toglie che Montresor si trovava davanti a una scelta: realizzare i film che voleva lui o, con gli stessi soldi, comprare un’auto nuova. Ha optato per la prima e poi ha messo le opere a disposizione gratuitamente sul sito www.filmstosmoke.com senza passare per festival o papabili distributori. Se economicamente non otterrà mai un ritorno, il modo in cui potrà ripagarlo il pubblico è conoscerlo e diffonderlo.

Autore: Mattia De Pascali
Pubblicato il 25/05/2015

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