Caterina
La cantante ed etnomusicologa Caterina Bueno raccontata attraverso interviste, canzoni e materiali d'archivio
“Caterina questa tua canzone
la vorrei veder volare
sopra i tetti di Firenze
per poterti conquistare”
Francesco De Gregori
Il regista Francesco Corsi (1980) è co-fondatore di Kiné, interessantissima realtà produttiva della quale in Sotterranei sono già stati recensiti diversi titoli (Il varco, L’uomo con la lanterna, Storie del dormiveglia, Il Principe di Ostia Bronx) premiati in Italia e all’estero, film assolutamente differenti tra loro ma che hanno tuttavia in comune un approccio libero e fecondamente originale e la volontà di esplorare, con curiosità e trasporto, il marginale e il dimenticato, il privato che preme per uscire fuori, le piccole storie che si fanno grandi storie quando viene dato loro il giusto spazio di rappresentazione.
Con Caterina, a partire da lunghe interviste ed eterogenei materiali d’archivio, Corsi vuole restituire la voce a un personaggio importante della scena musicale italiana degli anni Sessanta e non solo. Figlia di un pittore spagnolo e di una scrittrice svizzera, Caterina Bueno nasce a Fiesole nel ’43. Il suo percorso musicale è anzitutto un percorso di ricerca etnomusicologica e, in un certo senso, antropologica: fin da subito inizia a esplorare la campagne toscane, magnetofono alla mano, per parlare con gli abitanti più anziani nel tentativo di tirare fuori – per reinterpretarle e registrarle – canzoni popolari che parlano di politica, lotta sociale, emigrazione e amore (Tutti mi dicon Maremma, La leggera, Italia bella mostrati gentile). Caterina ha pazienza, empatia, volontà di ascolto; per lei lo studio e l’interpretazione della musica popolare non è inerte e meccanico atto di raccolta e archiviazione, ma un lavoro alla cui base sta sempre una certa predisposizione etica e morale.
La cantante, a cui si deve la valorizzazione e la riscoperta di tutto un patrimonio musicale che rischiava, se non l’oblio, la totale ghettizzazione, ha lasciato un archivio sonoro piuttosto ampio anche se non organizzato: al suo interno si muove Corsi, che procede mettendo assieme - in maniera discrezionale, elastica, sciolta - tasselli e frammenti di un discorso che cerca di illustrare senza volerlo esaurire o costringere entro uno spazio determinato. Dunque il racconto filmico non è semplice percorso biografico, ma piuttosto un affettuoso compendio di preziose testimonianze, soprattutto di amici e collaboratori della cantante, che la descrivono come figura privata più che pubblica.
La voce di lei, che ascoltiamo da nastri magnetici incisi in decenni di attività di ricerca e studio, fa da traccia e da collante a materiali audiovisivi differenti: concerti, interviste, partecipazioni a trasmissioni televisive in cui la cantante racconta la sua esperienza in Italia e all’esterno (Stati Uniti, Canada). Dagli anni Sessanta e Settanta, periodo in cui la riscoperta e la rivalutazione del folklore si faceva forte di una dimensione culturale propizia e vivace perché fortemente politicizzata, fino agli anni Ottanta e Novanta, in cui un certo appiattimento in questo senso ha in parte riportato in secondo piano l’interesse verso determinati ambiti culturali e quindi anche musicali, Corsi traccia il percorso di Caterina Bueno con agilità e disinvoltura, rivelando anche l’influenza che la cantante, con la sua determinazione, la sua fermezza e la sua passione, ha saputo esercitare in maniera fertile e costruttiva sui musicisti che hanno incrociato, in maniera più o meno fortuita, la sua strada. Tra questi, un giovane De Gregori che l’accompagnò in tournée come chitarrista, e che le dedicò, più tardi, la nota canzone intitolata con il suo nome