Hardcore! (2015)

Il film in soggettiva di Naishuller intrattiene per la qualità tecnica (specie dell'azione) e il rapporto fedele con il mondo del videogioco, ma di certo non è un esempio di innovazione e rivoluzione

Nel crescente rapporto tra cinema e videogioco non si può certo dire che il primo ne stia traendo molti benefici. Tra i due linguaggi del resto è il mondo videoludico quello che da anni si è rivelato capace di esplorare nuove modalità di narrazione interattiva, mentre il cinema (hollywoodiano) si accontenta per lo più di portare avanti la sua pigra ossessione di brand con stanchi adattamenti senza arte né parte. Qualche film esce fuori meglio di altro, ma l’operazione riguarda sempre il trasferimento del mondo narrativo del gioco all’interno di consolidate strutture di racconto. Tutt’altro approccio, si diceva, quello videoludico, nel quale anzi si lavora in direzioni diverse mentre un numero crescente di modalità estetiche e narrative proprie del cinema vengono assorbite e ricombinate all’interno del tessuto interattivo. II risultato è l’effetto “camera a mano” che accompagna i movimenti dei soldati di Gears of War, l’immersività e la motion capture di avventure grafiche come Fahrenheit, Heavy Rain e Beyond, la costruzione registica di scene e ambientazioni come Bioshock e Dead Space, l’uso emotivo della soggettiva fino all’uccisione in diretta (che si ripete per ben tre volte nel corso della storia di Call of Duty: Modern Warfare 2). E tutto questo senza entrare nella scena indie, popolata dai giochi più attivi nello sperimentare nuove forme di interazione narrata atta a replicare un’esperienza cinematografica. Seppur nasca da un videoclip piuttosto che da un videogame (o forse proprio per questo), Hardcore! di Ilya Naishuller è un film che rompe tale tendenza, coinvolgendo cinema e videogioco in un rapporto mai così stretto.

Al contrario di quanto possa sembrare, il cuore dell’operazione di Naishuller non è il ricorso integrale alla soggettiva. Del resto prima di diventare colonna portante dello sparatutto digitale, la soggettiva è nata con il cinema ed è cresciuta con esso come soluzione estetica, teorica, espressiva. Non serve citare i precedenti per non trovare nulla di nuovo nel ricorso alla prima persona di Naishuller. La novità piuttosto sta nell’aver restituito tale tecnica dalla prospettiva digitale piuttosto che da quella cinematografica; Hardcore! è una lunga partita sparatutto in cui lo spettatore è passeggero incarnato, player apparente, protagonista adrenalinico e immortale di una lunga sessione di combattenti e acrobazie e sparatorie. Dalla gestione dei tempi narrativi (l’introduzione in medias res, l’andamento ripetitivo e a livelli delle sezioni successive) all’estetica di movimenti e pose (su tutto il modo in cui vengono impugnate le armi da fuoco), tutto in Hardcore! è pensato per restituire e replicare l’esperienza estetica di uno sparatutto contemporaneo, a sua volta debitore come detto del cinema. Un cortocircuito all’interno del quale Naishuller si muove con l’intenzione di spargere più sangue possibile, in un accumulo di effetti e splatter che nel finale cinicamente trasforma il tutto in un livello di Doom, mattanza di iper-violenza che non permette di capitalizzare quanto di buono era stato fatto fino a quel momento. Perché nonostante l’estrema focalizzazione dell’operazione, Naishuller riesce comunque a costruire le basi di una narrazione che va oltre un lungo elenco di scontri e sessioni di parkour, gioca soprattutto la carta dell’ironia e trova in un Sharlto Copley in formissima il partner perfetto.

Nonostante questo Hardcore! resta però fedele ai suoi presupposti, come fosse un Duke Nukem divora sketch e battute come fa con gli arti fracassati e i corpi crivellati, attraversa ogni livello e ambientazione dritto verso il boss finale, accontentandosi di fatto di restituire al cinema il primo vero videogioco sì condiviso (precedente di rilievo, per quanto non in prima persona, è solo il Crank di Neveldine e Taylor) ma anche inteso nella sua versione più conservativa e tradizionale.

Un’ultima nota a margine riguarda la crescente fruizione della sala cinematografica per scopi che esulano la tradizionale esperienza cinematografica. Chissà se un giorno la visione collettiva, apparentemente partecipativa ma nei fatti ancora voyeuristica di Hardcore!, possa diventare piuttosto interazione reale e comune a tutti gli “spettatori” giocanti. I primi esperimenti in tal senso sono già comparsi, ma forse l’imminente arrivo della nuova realtà virtuale porterà a nuovi, inediti equilibri.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 24/04/2016

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