Helix

Nuova serie Syfy, Helix è la dimostrazione che non basta ricalcare un’idea già vista ma giusta per fare una buona serie di genere

Nel genere non si deve rincorrere l’originalità a tutti i costi, anzi. A volte basta essere giusti. Una base scientifica hitech isolata nei ghiacci dell’Artide con un team di scienziati in lenta decimazione a causa di un virus sconosciuto e mortale: se sviluppato con talento un soggetto simile non è poco originale ma giusto, esatto, di genere. Il noir, l’horror, la fantascienza, si nutrono di situazioni già viste e pre-codificate, e il cliché è il carburante di quel feticistico rapporto tra spettatore e genere basato su un meccanismo di ripetizione e variazione. Per questo, con la sua narrazione orizzontale e un soggetto a dir poco classico (e quindi giusto), Helix poteva essere una grande serie di genere. Priva delle ambizioni e del plusvalore di True Detective, ma anche delle vacue lungaggini di The Walking Dead, il nuovo show di punta di Syfy poteva davvero trovare un suo dignitosissimo spazio nella costellazione seriale di oggi. Se solo avesse capito la differenza tra classico e banale, tra cliché e povertà narrativa. Purtroppo Helix di questo rapporto ha compreso po’ che niente, perché anche per ripetere ci vuole talento. E per ora qui se ne è visto pochissimo.

Prodotta tra gli altri da Ronald D. Moore, sempre più lontano dai fasti raggiunti con lo splendido Battlestar Galactica, Helix arriva dopo il mezzo flop di Defiance a tentare di risollevare le sorti di Syfy, rete basic cable ancora schiacciata tra le ambizioni di una premium e i mezzi e le possibilità di un network di secondo livello. Ma come già successo con Defiance, ambiziosa epica fantascientifica in salsa western, gli intenti restano ben lontano dal concretizzarsi, soprattutto per un’incapacità a sfruttare le infinite possibilità del genere a favore invece di logiche di costruzione seriale vecchie e impolverate. Helix compie in questo senso lo stesso errore di The Walking Dead, spiega i propri personaggi invece di raccontarli, si perde in prolissi e didascalici psicologismi (specie con le due scienziate del CDC) senza capire che nel genere è l’azione, intesa come movimento, a narrare e approfondire i caratteri, e non le spiegazioni o i triangoli amorosi. Come se non ci fosse altro modo per rendere tridimensionale un personaggio che mettergli la moglie nel letto del fratello, o mandarlo nell’Artico con un tumore mortale e una quantità talmente ridicola di medicinali da dover dividere in due le pastiglie necessarie a tirare avanti. Conseguenza di ciò sono i giri a vuoto, le soluzioni narrative idiote e le lungaggini che hanno caratterizzato pressoché tutte le puntate successive al doppio pilot, che invece aveva fatto ben sperare nel seguito dell’operazione. Ad una prima visione infatti i due episodi iniziali ci erano sembrati più che convincenti, e soprattutto ambiziosi. Da subito era evidente l’intento di dare alla serie un’identità visiva precisa, tentativo riuscito grazie all’ambientazione semplice ed efficace dei laboratori artici e ad una regia più attenta del solito alla resa formale, asciutta e algida. Anche la narrazione non si perdeva in fronzoli, portando direttamente i personaggi sul luogo dell’azione senza tante spiegazioni o contestualizzazioni di sorta, per un attacco crudo e veloce della storia. Peccato però che con gli episodi successivi quell’impennata di ritmo si è svelata una corsa di salto in lungo per evitare grossi buchi di trama, mentre le varie imperfezioni che disturbavano una narrazione complessivamente efficace sono diventate crepe strutturali davvero imbarazzanti. Non c’è altro modo del resto per definire storyline totalmente sbagliate come quella della guardia di sicurezza rapita o delle avventure di infanzia della ex-infetta Dr. Walker. Mentre anche la struttura puramente orizzontale appare come una facciata, considerato l’inserimento di filler mal nascosti come quello dell’infetta e la Dr. Jordan.

Nel complesso Helix dimostra che non basta ricalcare un’idea già vista ma giusta per fare una buona serie di genere, specie quando nel dato genere non si pone poi né la fiducia necessaria ad affidarvisi senza perdersi in giri a vuoto, né il talento per fare le cose di testa propria. Helix quando copia lo fa male, e quando inventa peggiora. Il risultato, almeno ai sette episodi visti sinora, è un guazzabuglio davvero poco convincente.

Autore: Matteo Berardini
Pubblicato il 07/08/2014

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