Halloween II – Il Signore della Morte
Rick Rosenthal protrae il piacere dell’attesa della notte di Halloween girando il miglior sequel possibile della saga: uno slasher notturno, sadico e adrenalinico che porta alle estreme conseguenze il discorso iniziato da Carpenter negli anni settanta
Quando Halloween debuttò nelle sale – il 25 ottobre del 1978 – fu una rivelazione. Nessuno sospettava che un piccolo horror indipendente, costato appena 320.000 dollari, potesse riscuotere un successo così grande da sbancare ai box office; incassando 47 milioni di dollari soltanto negli Stati Uniti. Tanto meno era possibile ipotizzare che Michael Myers, il boogeyman - vacuo e inafferrabile - creato da John Carpenter, potesse dare vita ad un franchise vero e proprio; generando una fortunata progenie di pittoreschi epigoni, protagonisti - a loro volta - di un macabro folklore metropolitano. D’altronde – all’epoca dell’uscita del film – i sequel non erano ancora una prassi consolidata ad Hollywood ed il concetto di serialità – sinonimo di scarsa qualità - nel cinema horror era legato per lo più al retaggio delle gloriose produzioni Hammer e Universal dedicate ai “mostri classici”; salvo alcuni tentativi del calibro di: “L’esorcista II – L’eretico” del 1977, “Omen II – La maledizione di Damien” e “Lo squalo II” del 1978.
Tuttavia - all’alba degli anni ottanta - qualcosa stava cambiando e i primi ad accorgersene e ad intuire le enormi potenzialità commerciali di un genere fertile come lo slasher – sempre più popolare tra gli adolescenti – furono proprio i produttori del primo capitolo: Moustapha Akkad e Irwin Yablans, che decisero di resuscitare il Signore della Morte di Haddonfield - sulle note di Mr.Sandman delle Chordettes - prima che altri titoli minori potessero rubargli la scena (su tutti Venerdi 13 parte I e II). Il progetto iniziale era quello di sviluppare un seguito completamente slegato dall’originale, girato in 3D, ambientato in un appartamento altolocato (vedi Poltergeist III del 1988), diversi anni dopo gli avvenimenti del primo episodio, ma l’idea sembrava un azzardo e venne subito scartata in fase di scrittura.
Per questa ragione, si pensò di approcciarsi al nuovo materiale come se si trattasse di una sorta di “secondo tempo” del precedente che, partendo dagli eventi già raccontati, approfondisse le ragioni dell’ossessione di Michael Myers per la giovane baby-sitter Laurie Strode. Così, nel 1981 esce Halloween II - Il Signore della morte: il film incomincia esattamente dove si era interrotto il suo predecessore, aspirando a diventare l’erede del film cult concepito tre anni prima; un’impresa ardua ma non impossibile, dato che il sequel in questione sarà l’ultimo scritto e prodotto dall’inossidabile coppia John Carpenter-Debra Hill.
Fin dai primi minuti il ritmo è incalzante: l’esordiente regista Rick Rosenthal dimostra di saper sfruttare la tensione latente ereditata dal suo precursore - esasperando i meccanismi della suspence - per mettere in scena un’adrenalinica battuta di caccia notturna - tra il redivivo Michael Myers e il Dott. Loomis - che sposta l’azione dalle strade congestionate dal panico della cittadina alle corsie anguste e desertiche dell’ospedale di Haddonfield, dove si svolgerà il vero assedio. La prima parte della pellicola è volutamente la più simile stilisticamente al lavoro precedente, come si evince dall’attenzione metodica ai lenti movimenti di camera, la presenza/assenza fantasmatica del protagonista ripresa in soggettiva; passando per i palesi rimandi cinefili a Dario Argento (l’infermiera affogata nella vasca), fino all’utilizzo della fotografia cupa e sgranata di Dean Cundey (The Fog, 1997: Fuga da New York, La Cosa). Soltanto in un secondo momento - abbandonata la maschera del thriller psicologico - esce fuori l’animo più sanguigno del film: uno slasher – duro e puro – caratterizzato da un elevato numero di morti on/offscreen e da un uso spiccato della violenza a livello grafico, che con gusto sadico e rara maestria non lascia nulla all’immaginazione dello spettatore, portando alle estreme conseguenze il discorso iniziato da Carpenter negli anni settanta.
Infatti, è proprio a partire da questo sequel che inizia la lenta metamorfosi del personaggio di Michael Myers che da inquietante stalker di baby sitter si è trasformato nello spirito vendicativo della vigilia di Samhain, in attesa di assurgere al ruolo di cavaliere pallido di un’apocalisse imminente. In realtà tutti i protagonisti brillano di una luce oscura durante la visione, in primis la splendida Jamie Lee Curtis – ormai scream queen affermata (The Fog, Prom Night, Terror Train) - nei panni dell’allucinata Laurie Strode che deambula tra i corridoi della clinica dove è stata ricoverata; in preda ad una trance onirica da cui riemergono quei ricordi infantili che sveleranno – per la prima volta - il rapporto di sangue che la incatena al suo persecutore. Fino ad arrivare al vero mattatore della vicenda: Donald Pleasance che in quest’occasione ci regala una delle interpretazioni più suggestive e teatrali del Dott. Loomis, in un finale epico che lo vedrà mettere fine – idealmente - alla crociata di sangue di Michael Myers, almeno fino al 1988. Meno visionario a livello cinematografico ma più pragmatico sul piano commerciale Halloween II si rivela – a distanza di anni e nonostante le critiche - il miglior sequel possibile della saga: uno slasher moderno ricco di elementi essenziali per lo sviluppo futuro dell’intero franchise e l’unico in grado di competere con l’originale.
Tutti devono qualcosa al film di Rosenthal, compreso Rob Zombie, che nel suo seguito apocrifo del 2009 omaggia le atmosfere malsane di quel secondo capitolo seminale, dedicandogli una lunga carrellata sulle note dei Moody Blues che echeggiano all’interno di un altro inquietante ospedale.