Come degradare il rito santissimo della visione, ovvero Bombolone. Così potremmo riassumere l’esperienza totalmente sperimentale di un gruppo di ragazzi, che pone la propria firma su Il film più bello del mondo ovvero BOMBOLONE. Il primo film italiano girato interamente con un iPod Touch, il cinema per tutti ma – per fortuna – non di tutti. Bombolone è un esperimento, un divertimento, un passatempo, niente in grado di cambiare il corso di un’arte serissima e qualcosa che, a tratti, sa anche divertire. Ma Bombolone è anche un campanello d’allarme perché, se è vero che risale a pochi giorni fa l’intervista nella quale Gianluca Arcopinto – uno che di cinema indipendente ne sa certamente più di noi – parla a chiare lettere affermando che “il futuro del cinema è sul web”, è altrettanto vero che non si può prestare il fianco all’innovazione fine a se stessa, ad un’equazione imperfetta alla quale alla novità debba per forza corrispondere la qualità.
Per uscire dall’impasse di una trama che fatica a farsi raccontare linearmente, ci affidiamo alle parole degli stessi ideatori del lavoro, che così lo condensano: “Marco sta camminando sotto un ponte con un bombolone in mano. N correndo glielo ruba e lo porta via con sè. Marco comincia a cercare il bombolone disperatamente. Anche Andrea e Dario lo cercano. Anche Sabina e Simona; anche L e F. Tutti cercano il bombolone e tutti lo perdono. Un gruppo di ventenni alla ricerca della loro innocenza, dei loro esempi, delle loro aspettative cercano il bombolone e nel frattempo vivono le loro storie in modo precario. Sullo sfondo un Profeta e un finto super eroe cercano di spiegare loro che ancora si può costruire”.
Ma è presto detto che la storia da raccontare, in un contesto come questo, è solo il pretesto per mettere in mostra altro, in questo caso le infinite possibilità che la tecnologia offre ad ognuno di noi per dire la nostra, per esprimere un punto di vista, un’espressione artistica. L’idea crociana dell’arte come intuizione pura è oramai alla portata del nostro quotidiano, chiunque può concedersi il lusso e l’ostinazione di non arrendersi davanti alla miseria dei propri mezzi. Ma può – e deve – tutto ciò esser anche motivo d’inquietudine, perché se è vero che Benedetto Croce parlò di pura intuizione, è altrettanto vero che Luigi Pirandello – non uno qualsiasi – rispose con altrettanto piglio, ricordando che l’intuizione è nulla, se non accompagnata da tecnica e talento. Lorenzo Berti, regista del film, dovrà allora dimostrare che la sua intuizione non si ferma all’idea di filmare una storia tramite iPod, che c’è altro ancora nella sua idea di raccontare una storia utilizzando le immagini. Senza la presunzione di voler demolire un lavoro completamente a costo zero, ci chiediamo solo se non sia lecito, in un mondo in cui il confine tra vita reale e virtuale si fa sempre più labile, porre dei netti distinguo tra ciò che è cinema e ciò che tenta di esserlo, tra ciò che è arte e ciò che all’arte semplicemente aspira.
Perché, se così non fosse, allora: Smarmella Biascica, che portiamo a casa la giornata.