Con questo tardivo freddo arriviamo al nostro appuntamento natalizio che per gioia e per dovere non poteva non intessere in sé divagazioni mistiche religiose e splatter! Del già trattato Lorenzo Lepori abbiamo questa volta il piacere di assaporare Il Vangelo secondo Taddeo, sua assoluta opera prima. Ed in questa ennesima stagione di panettoni, cine o meno che siano, di commedie, di grandi incassi, lo sguardo de I Sotterranei volge verso un film che definire minuscolo è dir poco. Pur con un suo seguito l’opera prima di Lepori è un film totalmente autoprodotto, nei fine settimana come ci tiene a sottolineare l’autore, con zero budget e con l’amorevole impegno e dedizione di tutti i suoi collaboratori. La storia – purtroppo – assolutamente non lineare anzi frammentaria si aggira, vaga intorno personaggi vari di moralità incerta quanto assente. Dal magnaccia al ras del quartiere… tutti personaggi che troveranno la loro mesta ma sanguinolenta fine grazie al sommo sacerdote Taddeo in preda ad un delirio mistico da giustiziere. Ispirato da Andy Milligan e Jesus Franco, in questa sede di certo non ci accaniremo contro il giovane regista toscano per via della pochezza del suo lungometraggio che – è bene ribadirlo – è del tutto amatoriale. Ma Taddeo, come già I Love You Like A Twist è un ottimo spunto. Diciamo un trampolino. Un primo salto che si potrebbe affrontare è il seguente: che fine ha fatto il sangue rigorosamente made in Italy? Nel senso: nel passato tanto recente quanto remoto, la cinematografia italiana di genere horror nelle sue accezioni più varie aveva una sua rilevante posizione nel globo intero. Ne è la prova che da Bava (padre) ad Argento svariate pellicole hanno portato onore e gloria alla italica patria. Per quanto esile nel mero numero di film realizzati, comunque un certo rilievo il nostro paese lo ha diciamo retto. Ma oggi? Il nulla cosmico. Da Lepori con l’amatoriale, ad – un mero esempio, si badi bene – Tagliavini con Bloodline, la differenza per modi, stili, fattura è enorme. Ma di Tagliavini ce ne sono sempre meno, di film italiani depaura ce ne sono sempre meno. Per quanto sforzi vari, festival dedicati – si pensi al PesaroHorror – il numero di opere di genere realizzate va sempre più scemando. Iniziano a diventare cose per pochi, cose da poco. E non è un caso se nel frattempo si delinea una produzione amatoriale di sorta. A cosa dobbiamo tutto questo?
Un altro panegirico che mi sovviene arriva forse dalla natività imminente. Epoca geologica caratterizzata da masse vocianti e maleducate con tonnellate di popcorn che zampillano dai medesimi padiglioni auricolari i quali infestano le sale cinematografiche cantando insieme festanti l’inno “produci-consuma-crepa”. Con questa immagine edificante che forse solo una rivista indipendente come Point Blank si potrebbe permettere, lontana dalle lobby e dai servilismi della stampa locale, migliaia di euro finiscono nella casse dei soliti noti mentre i soliti ignoti (e non idioti) annaspano, per non dire affogano, alla ricerca di un telone di proiezione. Come dire – è un’allegorica rappresentazione metaforica – 10 film visti da 1 milione di persone vs. 100 film visti da 100 persone. Grandi discussioni si perdono circa l’ennesima morte del cinema, nuovi scenari produttivi e distributivi, dalla pellicola al digitale, dal (finanziamento) pubblico al (finanziamento) privato, internet, il download, etc. ma di certo niente di tutto questo cambierà un bel nulla. I grandi film (intesi come dispiego di forze finanziarie) continueranno a fagocitare quante più sale possibile, mentre i piccoli pesciolini saranno costretti a lottare con forza per resistere se non per emergere. Celestiali corpi ne esistono sempre meno. Per fortuna, per sfortuna. Con questo cosa volevo dire… riuscirà mai un Lepori (premesso che sia questo il suo scopo) ad arrivare in sala? Potrà mai un Fabrizio Ferraro arrivare in sala? Si, ma a che prezzo? Quali sono i motivi? Quali sono le cause? Semplice e complesso al contempo. Non sono panettoni, non sono slotmachine. Questo è il punto. Ed è per tale mesto e viscido motivo che irrisoluti dedichiamo loro spazio, tempo, passione, energie. Perché è giusto che sia così. Perché è giusto che anche loro trovino un – almeno – miserrimo spazio nel magma infernale del world wide web.