La casa sperduta nel parco
Dopo i film sui cannibali Deodato esplora le molteplici facce di una violenza a noi più vicina, in un film di genere realizzato con cura
Negli anni ‘80 l’evoluzione rapida della realtà partoriva un pensiero ottimista verso un mondo che stava perdendo vecchie barriere culturali e ideologiche. Gli abiti colorati e la musica pop facevano da sfondo a una generazione scanzonata che declinava questa spensieratezza nella scoperta di una recente sessualità facile, non ancora frenata dalla consapevolezza scientifica del decennio successivo e più libera che mai da pregiudizi razziali e di classe. Esplode tutto questo davanti agli occhi di chi oggi per la prima volta guarda La casa sperduta nel parco. Perché i film di Ruggero Deodato rimangono intrisi di realismo, non necessariamente quello di chi attinge dalla contemporaneità per le storie da raccontare, ma anche il realismo del conoscitore di uomini; il regista del discusso Cannibal Holocaust conferma tale capacità nella successiva pellicola, in cui poche inquadrature e qualche battuta sono bastevoli a delineare precisamente un personaggio.
Alex, interpretato da un carismatico David Hess, viene presentato in apertura come un animale violento capace di stuprare e strangolare un’estranea sul sedile posteriore di una macchina. A congratularsi con lui c’è Ricky, una spalla fragile e manipolabile. I due si stanno preparando a una serata fuori quando nell’officina di Alex entrano Tom e Liza, una coppia di giovani altolocati che li invita a una festicciola nella villa isolata di lui. Raggiunta la casa, in cui si animerà tutta la storia, Alex persegue il suo intento iniziale di avvicinare la fredda Liza mentre Ricky si relaziona con gli altri mostrando il suo interesse per Gloria. Ma quando il primo si vede respinto e scopre l’amico truffato a carte, comprende che il motivo dell’invito era essere messi alla berlina dal gruppetto snob. Alex, armato di rasoio e con la complicità del suo compare, sequestra i giovani. I tentativi di ribellarsi dei cinque ragazzi non possono nulla contro la forza bruta dell’ospite che decide di legare il recalcitrante Howard, l’altro maschio oltre l’etereo proprietario di casa, per approfittare liberamente delle tre ragazze.
A scandire il realismo del film ci pensano le piacevoli e delicate musiche di Riz Ortolani che trasmettono un’aria di inquietudine sin dal brano di accompagnamento alla scena iniziale, riuscendo a isolare la violenza come elemento a sé della storia e facendone l’argomento centrale dell’opera. La trama apparentemente semplice permette lo sviluppo delle diverse psicologie dei personaggi i quali appaiono ben caratterizzati da dialoghi brillanti e mai scontati. Merito dei testi è quello di spiegare i momenti cruciali della vicenda senza inseguire lo spettatore in maniera invadente, ma sottolineando riflessioni che altrimenti sfuggirebbero a un’analisi più superficiale. “Attento Ricky tu non conosci la gente perbene”, questo monito del protagonista scandisce il punto di svolta della storia e con ironia mette in luce una sottile critica sociale. Il gruppetto di vittime non impietosisce nonostante le sevizie lungamente subite. Vittime sì, ma sono loro a determinare il proprio destino provocando i due ospiti che avevano manifestato buone intenzioni; l’altezzosità che li caratterizza impedisce di empatizzare con loro, che appaiono distaccati anche quando in pericolo, tratteggiando l’immagine di una generazione anestetizzata dalla noia. In contrapposizione al gruppo di asettici borghesi, i due sequestratori appaiono capaci di reazioni emotive, non solo di ferocia ma anche di compassione. La più evidente traccia di umanità si trova proprio nel sadico Alex per il quale il desiderio negato di essere accettato rappresenta il motore trainante della propria efferatezza. La sua crudeltà tocca l’apice con l’arrivo di Cindy, una indifesa fanciulla estranea alla vicenda la cui unica colpa è quella di essere pura e quindi più rappresentativa di quel mondo che rifiuta Alex. La stessa verità umana si ritrova nel finale quando Alex si strugge per aver ferito il suo amico, colpevole di averlo tradito facendosi corrompere da un branco capace di metterli “l’uno contro l’altro”. Ma l’uomo organizzato rimarrà sempre più pericoloso del peggiore dei banditi e nel finale inaspettato la ferocia del singolo trova la sua nemesi in un plotone di esecuzione, chiudendo il cerchio con una visione cruda che cancella le differenze tra vittime e carnefici in una realtà in cui nessuno è davvero innocente.