Passerà come acqua lungo il fiume
come passa questo vento
come passi soli nel tempo
Le radici e le ali, Gang
Che cos’è la nostra vita? Effimero! Calpestiamo sassi vecchi di milioni di anni, e noi… la nostra corta vita è solo un respiro. Un soffio. Veloce e soffice. Pensieri, emozioni e sentimenti si susseguono, scandiscono il tempo. Le risate e le lacrime adornano le giornate che scorrono lente e vanno via veloci. Anni che sembrano bui, il grigio magari di una stanza, una corsa in motorino, il viso pieno di lacrime, dolore e vento che spezza le labbra. La vita scorre via veloce, mentre i ragazzi ignari di tutto marcano il passo con la loro purezza. Sono un fiume che scorre, attraversa paesi città. I ragazzi, gli adolescenti vivono inquieti e ignari di tutto. Vivono al massimo, ridono, piangono, s’innamorano. I ragazzi sono un fuoco sempre acceso, sono vita, sono un germoglio di tulipano a dicembre. I ragazzi, la gioventù sono uno dei nodi della società. Sono un elemento attivo e centrale. Condizionano il mercato, la vita, la società stessa. I ragazzi sono – appunto – al centro di Le radici e le ali, documentario firmato da Claudio Camarca e Maria Rita Parsi, proiettato all’ultima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma e recentemente riproposto in occasione della rassegna CinemaDoc (di cui abbiamo già trattato Left by the Ship, Il sangue verde, This Is My Land… Hebron, El Sicario – Room 164 e Ma che Storia…), progetto per la promozione del documentario in sala che propone una selezione di documentari italiani apparsi nelle ultime edizioni dei più importanti festival cinematografici del bel paese (Venezia, Popoli, Torino e Roma).
Vennero i giorni delle menzogne/delle bestemmie delle preghiere/dei compromessi e le piazze vuote/nuovi altari nuove frontiere
Gli anni dell’adolescenza sono un periodo importante, assolutamente formativo quasi fondamentale nella vita dei ragazzi, che un giorno ormai diventati adulti subiranno sulla propria pelle gli effetti generati nella loro verde età. Partendo da un’eredità culturale ed intellettuale affine alle tematiche pasoliniane sui ragazzi di borgata, il giornalista Camarca e la psicoterapeuta Parsi concentrano la loro opera, e la loro ricerca, sui coetanei dei quartieri meno fortunati della capitale spostando però l’attenzione sui figli della Roma bene, sui “pariolini”, su quei ragazzi che in teoria hanno avuto molto dalla vita. Partendo da questi – in un lavoro durato circa 20 mesi – allargano il loro campo d’interesse anche ai coetanei di altre città, di realtà differenti. Le radici e le ali è un film sui figli del consumo, sulla conoscenza, ma soprattutto sulla comunicazione. Il linguaggio è importante. E’ un linguaggio evoluto, differente, ma antico allo stesso tempo. Si comunica per immagini, per simboli, come se fossero antichi geroglifici: emoticon, faccine… Il linguaggio è importante, è importante anche l’ascolto di questo linguaggio. Camarca e Parsi di storie ne hanno sentite nella loro vita, e questa volta anziché ascoltare – magari seduti dall’alto delle loro capacità intellettuali – trasmutano la loro posizione dominante in una d’ascolto: è un loro preciso interesse lasciar parlare i ragazzi. Lasciarli esprimere, comunicare. Parole ed emozioni del futuro che sarà. Di una generazione che forse ignori Vespa, ma che sulla vespa vorace ingurgita linfa ed energia. Storie di vita, di amore, di droga. Momenti felici e momenti tristi. Vergogna, rabbia, dolore. Risate e canzoni.
Ora è solo come la pioggia/come pioggia nelle strade/con le radici con le sue ali/come un re di spade
La società è mutevole, le persone anche. Nel corso degli anni, nel corso del tempo le persone, le relazioni si evolvono. Stesso discorso vale anche per la società civile giovane al centro di questo film. E’ una classe sociale, quella degli adolescenti, particolare, che va indagata ed ascoltata con attenzione predisponendosi adeguatamente alle mutazioni che la società stessa ha portato in atto. Nel cinema, come in tutte le arti, ogni autore ha il suo stile, il suo linguaggio. Anche in questo caso. Camarca e Parsi hanno il loro stile, il loro modo di raccontare facendo raccontare. Una narrazione priva di voci adulte, di toni maturi. Decine di minuti riempiti dal nostro prossimo futuro. E’ uno sguardo vivo all’attualità, fotografato attentamente e dignitosamente tecnicamente parlando. Ma è uno sguardo che spesso ammorba. E’ un film pesante, di difficile digeribilità cinematografica – e che ha subito diverse traversie realizzative, come per esempio un taglio di 40 minuti voluto dalla Rai in seguito ad un cambio dirigenziale. Ma questo importa poco. Forse perché i due autori non nascono cinematografici ma vengono da tutt’altri campi: a Parsi è una famosa psicoterapeuta che si è occupata tanto di adolescenti, mentre Camarca nasce come giornalista, attento anche lui alle dinamiche giovanili e che ha trovato poi nel lento dispiegarsi del tempo varie prove in qualità di regista di film che – purtroppo o per fortuna – non hanno mai lasciato il segno (fra tutti Quattro bravi ragazzi del 1993 e Rumori di fondo del 1996), anzi si sono distinti per una scarsa quanto approssimata fattura. C’è comunque una sostanziale differenza tra Camarca e Parsi. La seconda è un’attenta studiosa che regala spunti interessanti ed efficaci, mentre Camarca si perde nelle sue convinzioni spesso ineluttabili, segni di un’intellettualità presuntuosa. Differenti e differenziati sono i due autori. Un film d’antropologia culturale, forse, nella quale Camarca sbaglia appieno le sue teorie sostenute dal fist fucking a Paranormal Activity: “Nessuno ci ha guadagnato, il cinema si fa soprattutto per passione” sono le parole di Camarca recitate alla platea del Cinema Sacher. Benedetta passione. Possibile che non ci sia altro di cui occuparsi se tanto a cuore sta la questione giovanile?