The Kamagasaki Cauldron War

di Leo Sato

Un microcosmo di poveracci e il furto di una pentola cerimoniale: nel Concorso del Pesaro Film Festival il debutto lunare e farsesco di Leo Sato.

THE KAMAGASAKI CAULDRON WAR - recensione film leo sato

Microcosmo a sé stante, coacervo indifferenziato di relitti umani rassegnati a una vita di stenti e privazioni nel degrado post-bellico di un Giappone indifferente, gli estratti d'umanità assemblati nel ghetto di Kagamasaki sono il focus - spoglio, malaugurato eppur battagliero, pervicace e baluginante di una qualche parvenza di riscatto - del primo lungometraggio di finzione di Leo Sato, impregnato in una celluloide anacronistica (16 magnifici mm) che aumenta la sensazione di uno scorrere esistenziale fuori dal tempo, estromesso dal contemporaneo, sempre cinque passi indietro dal quotidiano globalizzato.

Un'umanità messa all'angolo, quella raccontata da The Kamagasaki Cauldron War, che tuttavia persiste, insiste, resiste. Facendosi beffe dell'invisibilità punitiva a cui le istituzioni (polizia corrotta compresa, ça va sans dire) la costringono. Facendo squadra, facendo strambo gruppo anche nelle piccole faide interne, osservate da Sato con uno sguardo che tende a tonalità di commedia lunare, a bizzarrie corali, a singulti surreali, autoironici, mordaci, anche musicali (il momento del ballo in un cimitero sopraelevato, quasi un arto a sé stante dal corpo del film, è un fruscio imprevisto e tenerissimo, squisitamente e malinconicamente cullato dalla regia compartecipe).

I vari zigzag narrativi si concentrano sostanzialmente intorno a una famigliola per caso: un furfantello scombinato, una laconica e distaccata prostituta, un bimbo intristito rimasto improvvisamente orfano (la scena in cui suo padre, giullaresco e tutto pittato in faccia, gli promette che un giorno andrà a scuola, è esemplificativa del miracolo nonchalante del film, sempre a un misurato centimetro dall'angoscia e dalla tragedia). I tre rimangono coinvolti nei giri criminali della città, a causa nello specifico del furto di una pentola cerimoniale appartenente a un boss della yakuza (e sgraffignata dal genitore poi assassinato del ragazzino); e la girandola farsesca di scontri, fughe, complotti e piani orditi successivamente innesca un effetto domino episodico di inclassificabile categorizzazione, che saltella da citazioni marxiste («Non era mica male, questo Karl Marx!») a schizzi di comiche mute e speronamenti slapstick, da alleggerimenti romance (c'è un triangolo, che non si prende naturalmente mai sul serio) a tensioni disordinate fino a incantevoli porzioni di già citata surrealtà.

Un oggetto cinematografico non identificabile, un piccolo UFO (gian)burrascoso che un po' nobilita un po' schernisce (senza un filo di autoindulgenza, ma con grande dolcezza), e molto riscatta, questo mondo a parte. Ingrato, ma pur sempre un mondo, un postaccio per cui lottare, non importa se sullo sfondo di vicende disgraziate e antiepiche di un mucchio di poveracci e di altrettanto scombiccherati villain male in arnese: così The Kamagasaki Cauldron War riesce a imporre di soppiatto, sogghignando, inciampando, distraendosi, divertendosi, una rivincita sull'ambiente da parte degli ultimi della società (gran parte del cast è formata proprio da veri abitanti della zona), che si ammutinano al - e dirottano il - modus narrandi realista e denunciatario, piegando la bruttura della realtà alla loro arrembante, chiassosa, casinista autoconservazione.

Autore: Fiaba Di Martino
Pubblicato il 18/06/2019
Giappone 2019
Regia: Leo Sato
Durata: 115 minuti

Ultimi della categoria