And Then We Danced

di Levan Akin

Film svedese dal cuore georgiano, candidato nazionale all'Oscar ma accolto in Georgia da proteste omofobe neofasciste, il film di Levan Akin è un magnifico melodramma d'amore sui corpi e la musica che li muove.

and then we danced - recensione film oscar 2020

In Georgia, già durante le riprese, le tensioni non erano mancate, tra attacchi e minacce, al punto da costringere  la produzione ad assumere delle guardie del corpo per lavorare in maggiore sicurezza. C’è stata poi la Quinzaine des Réalisateurs a Cannes 2019, tanti festival e riconoscimenti a seguire, nonché la decisione della Svezia (Paese del regista Levan Akin, classe 1979, radici turche da genitori georgiani) di scegliere il film come proprio rappresentante per la corsa – breve – agli Oscar 2020. Akin  (Katinkas kalas, Il cerchio e diverse serie tv) ha definito And Then We Danced una dichiarazione d’amore all’ex repubblica sovietica, di avviso opposto sono state invece le frange politiche e religiose – con ramificazioni nei media e nel mondo imprenditoriale – più integraliste e paranoiche della nazione («Un insulto alla nostra fede, alle nostre tradizioni e tutto ciò che per noi è santo»), tanto che in occasione della proiezione del film nella capitale Tbilisi e a Batumi, sul Mar Nero, a novembre dell’anno scorso, le proteste omofobe neofasciste sono sfociate anche in intimidazioni verso gli spettatori e in violenze, fino all’arresto di quasi trenta persone. Al di là, però, degli aspetti di cronaca più tristi e preoccupanti che hanno attorniato il film, Giorgi Tabagari, voce importante del mondo LGBTQ, ha sottolineato dall’altra parte il grande impatto culturale dell’opera su una società storicamente reazionaria.

E Akin – con la cronaca fluida  di un microcosmo familiare, attraverso le linee direttrici di un universo  affettivo e sentimentale di scoperta e dolce smarginatura identitaria, attraverso una densità tematica quasi liminale, che non appesantisce mai il racconto, riuscendo anzi a renderlo in un certo senso “distratto”, centrifugo, variabile, punteggiato di reiterazioni presunte e di scarti essenziali – ha realizzato un’opera cristallina, tra sguardo osservativo ed empatico, innestando dentro questa geografia, in questo documentario sociale di una città, di un’accademia di danza, di una casa modesta, di una festa intima in campagna, un mélo senza dramma né eccessi, senza scandalo né tragedia, un mélo pianamente inquieto, vivo, pulsante. La storia è quella del ballerino Merab (Levan Gelbakhiani, al suo esordio da attore, e ballerino anche nella vita), che fa quello che hanno fatto in passato i suoi genitori e sua nonna; quello che fa anche suo fratello, assai meno costante: sbandato, inaffidabile. Merab deve lavorare come cameriere perché i soldi in famiglia scarseggiano, balla sin da bambino, balla da tanti anni in coppia con Mary (Ana Javakishvili) a cui è legato da un affetto speciale. Il suo maestro, però, lo vede poco adatto, poco virile (ci mette sensualità anziché mascolinità) nelle sue esecuzioni di danza tradizionale georgiana con la partner… Un giorno arriva un nuovo ballerino, Irakli (Bachi Valishvili), ma la rivalità tra i due in un lampo è già desiderio amoroso. E And Then We Danced diventa mappatura libera di questo e di altri desideri, di quelli sottaciuti e imprevisti, di quelli di sempre, dalle geometrie perfette e imperfette. La sequenza in campagna è il film che un po’ fugge da se stesso, ma non perché sia una parentesi, è piuttosto una traiettoria, una domanda, forse l’ipotesi di un altro film possibile.

and then we danced - recensione

È un film sui corpi, And Then We Danced, sulla musica che li muove, sulla passione e la fatica che li provano, su una cultura che li disapprova, su un’attrazione muta che li attira e li abbraccia. Un film sinuoso, un’opera che danza, che gioca. Ma che è anche disincarnata, con una narrazione lineare e disallineata tra il giorno e la notte, tra fuori campo e inquadratura, tra stereotipo e archetipo, limiti e transizioni. Un’opera di soglie non tutte visibili. Una porta si chiude e il film finisce. Continuerà da qualche altra parte che forse conosciamo, forse no. Perché And Then We Danced  non vuole sovvertire, ma leggere, scrivere; non vuole soverchiare il senso ma completarlo. Cinema che, immaginato, dopo averlo visto, probabilmente rivela anche di più di ciò che pensa.

Autore: Leonardo Gregorio
Pubblicato il 23/06/2020
Francia, Georgia, Svezia 2019
Regia: Levan Akin
Durata: 113 minuti

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