The Loved Ones
L'esordio rivelazione di Sean Byrne tra efferatezze e incubi adolescenziali
Il teen movie non (solo) come ispirazione o modello da sovvertire, ma come ossessione.
Pare questa, in fin dei conti – mentre i più abusati luoghi comuni dell’immaginario adolescenziale monopolizzano l’inquadratura degenerando ben presto in un trionfo splatter degno del peggiore torture porn – la vera dimensione di The Loved Ones, horror serrato e calibratissimo che fagocita un intero modello culturale pervertendolo irrimediabilmente.
Un’ossessione, quella dell’opera prima dell’australiano Sean Byrne, che pervade tutto e tutti, che si confronta con il peso della colpa e con l’onnipresenza delle narrazioni d’Oltreoceano fino a esplodere nei deliri psicotici e omicidi della giovane Lola Stone (Robin McLeavy) e del suo sogno assurdo di vivere a ogni costo dentro una favola, o, perlomeno, dentro a un surrogato posticcio che ricordi il più possibile qualche film di liceali anni ottanta.
Come i ritagli custoditi nel diario di una ragazzina (pazza), Byrne mette in scena, attraverso un collage di suggestioni filmiche più o meno esplicite, il lato oscuro e degenere di un’intera iconografia adolescenziale, ammantando tutta la pellicola dei desideri paranoidi di una reginetta del ballo viziata e omicida.
Giocando pesantemente con i generi e l’immaginario, The Loved Ones si immerge così nelle fantasie malate di una ragazza che si crede uscita da film come Bella in rosa, in un’operazione estremamente consapevole che esaspera fino al grottesco modelli consolidati, facendosi caricatura di un sogno irreale divenuto paradossalmente un incubo concreto.
Ecco allora che la lotta per la sopravvivenza del giovane e tormentato Brent (Xavier Samuel), reduce da un lutto mai superato e ultimo di una lunga serie di (inconsapevoli) pretendenti, si colora di un umorismo nerissimo, dissacrante e iconoclasta, in una parabola di morte e rinascita che non si risparmia nulla – dalle sevizie a base di trapani e martelli ai soprassalti emotivi, passando per squarci surreali e perturbanti – pur restando ben ancorata alla sua programmaticità e a una struttura perfettamente circolare.
Tutto torna, nel film di Byrne – tra incastri congeniali e una colonna sonora usata come perfetto contrappunto (aspetto che diverrà essenziale nel successivo The Devil’s Candy) – tutto rimanda al senso di un gioco perfettamente calibrato, raffinato e consapevole, solo apparentemente scombinato da quella follia caotica e irrazionale che suggerisce.
Attraverso un ritmo incalzante e una regia funzionale The Loved Ones garantisce così un livello di tensione pressoché costante, dove la violenza è sempre a un passo dall’insostenibilità e i desideri hanno i toni rosa shocking della follia.