Bad Roads - Le strade del Donbass

di Natalya Vorozhbyt

Natalya Vorozhbyt fa il suo esordio cinematografico da una sua opera teatrale, osservando le conseguenze di una guerra che è assente ma al tempo stesso onnipresente

bad roads - recensione

Una landa desolata attraversata da un'unica strada, dalla quale il film sembra emergere direttamente con il primo leggero movimento di macchina. Inizia così Bad Roads, con un posto di blocco in una terra situata "tra casa e Mordor", tra realtà e fantasia, in cui si muovono spettrali cani randagi e in cui la rifrazione della luce e le traiettorie da teatro dell'assurdo a cui assistiamo lasciano quasi pensare a un miraggio. Eppure non c'è niente di fantastico, nessuna illusione ottica, nessun luogo immaginario. Siamo nel Donbass, la regione dell'Ucraina orientale in cui la guerra imperversa dal 2014, senza sosta e senza prospettive se non quelle del conflitto più intenso ed esteso scoppiato nei giorni nostri. Natalya Vorozhbyt, al suo esordio da regista, ha adattato cinematograficamente un testo teatrale da lei scritto e messo in scena a Londra nel 2017. Tramite quattro storie, solo apparentemente slegate l'una dall'altra, esplora un Donbass dilaniato dall'orrore e dal caos conseguenti alla guerra fratricida, diventata parte della quotidianità. Una guerra che, come in Notturno di Gianfranco Rosi, Vorozhbyt non mostra mai direttamente e che fa diventare una protagonista assente. Lambisce i quattro racconti rimanendo ai margini dell'inquadratura, ma la sua ombra si estende insinuandosi in ogni anfratto dell'immagine e della narrazione. La si percepisce nella desolazione dei luoghi, nell'atmosfera quasi post-apocalittica in cui si muovono i personaggi, nei dialoghi. Persino i bagliori e gli echi di esplosioni in lontananza sono riassorbiti sotto le mentite spoglie di un temporale. È la metamorfosi della guerra, che diviene evento naturale riflettendosi nell'ambiente di cui si appropria e liberando l'orrore nell'animo umano.

Le quattro storie appaiono come quadri che prendono vita attorno ad altrettanti luoghi e all'interazione dei personaggi che li abitano. Al loro interno tempo e spazio vengono dilatati nella rappresentazione di un presente che scorre nell'immobilità, racchiudendo simultaneamente il passato e un futuro fatalmente prossimo. Bad Roads è infatti composto e animato da tensioni improvvise e crescenti, che infondono alla staticità che caratterizza in un primo livello il film un intenso e sussultante dinamismo, manifestato principalmente dal ruolo della parola e dal modo in cui Natalya Vorozhbyt filma lo spazio, nella sua connessione con i personaggi, alternando inquadrature ravvicinate in cui varia angolazioni e profondità (soprattutto nella prima parte del secondo capitolo), dando così l'impressione di un paesaggio in movimento, a campi totali distensivi. I luoghi mostrati, transitori, solitari e decadenti, sono espressione dello scenario umano rappresentato, in cui l'umanità lotta per non soccombere all'orrore e alla violenza. È su quel conflitto che si basano i rapporti che costituiscono i quattro episodi, regolati da dialoghi che si muovono costantemente sul filo del rasoio, tracciando una linea tra vittima e carnefice. Le parole diventano micce capaci di scatenare improvvise esplosioni di violenza, frenate solo all'ultimo instante da dettagli altrettanto improvvisi. Uno sguardo, voci fuori campo, una parola stessa, in grado tanto di innescare quanto di disinnescare e di fornire un barlume di speranza.

Attraverso le sue traiettorie intime e surreali, Bad Roads conduce alla sorgente del dramma umano, dove l'orrore si trasforma in violenza che si irradia senza sosta, generando infinite conseguenze. Ripercussioni dirette o collaterali, che nel film si legano al rapporto tra campo e fuori campo. Non è solo la guerra a essere fuori campo, ma anche numerosi personaggi che vengono invocati, immaginati, percepiti, dei fantasmi che si muovono fuori dall'inquadratura e che influenzano gli eventi; come la studentessa che il preside immagina di vedere nel primo episodio o le provvidenziali voci dei vicini nell'ultimo. Al suo primo film, Natalya Vorozhbyt dimostra così di avere una solida visione cinematografica e di saper sfruttare le potenzialità dell'immagine per estendere la pièce da lei scritta, mantenendo una costante e affilata tensione che passa dall'assurdo a una violenza quasi insopportabile.

Autore: Andrea Vassalle
Pubblicato il 05/05/2022
Ucraina 2020
Durata: 105 minuti

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