Non nuotate in quel fiume
All'estetica pulita del digitale, Roberto Albanesi predilige l'anacronistica imperfezione delle videocassette
Il cinema non sempre è un lavoro, a volte è una vocazione. Diretta estensione dei giochi dell’infanzia, prende il nome di passione col sopraggiungere dell’età adulta. I registi che hanno cominciato a realizzare i propri film in tenera età sono innumerevoli, forse la maggioranza. Roberto Albanesi è uno tra questi. A dieci anni, imbracciata la telecamera a nastro magnetico, non l’ha più messa via se non per sostituirla con un’attrezzatura meno obsoleta. Nel passaggio dall’analogico al digitale sono stati prodotti fiumi di filmati casalinghi, i cossidetti home movie, ma è solo nell’ultimo lustro che Albanesi (nessuna parentela con il Gabriele di Il bosco fuori) è entrato ufficialmente nel panorama del cinema underground attraverso la partecipazione a degli horror antologici (The Pyramid, 17 a mezzanotte e Catacomba) e la regia di due lunghi totalmente suoi. Non nuotate in quel fiume, primo assolo del regista lombardo, ricerca e conserva tutta l’antiestetica dei vecchi film girati con mezzi non professionali. Ma Albanesi non è così anziano da avere nostalgia della pellicola usurata come i Rodriguez e Tarantino di Grindhouse, e successivi epigoni. La sua generazione è quella delle videocassette, usate non solo come mezzo di distribuzione ma anche di umile produzione. Ed è a quest’ultima declinazione che guarda il regista. Difatti Non nuotate in quel fiume non rappresenta un omaggio agli Eighties più commerciali, tanto in voga di recente. Qui la cinematografia di riferimento è ben più marcia, è quella degli Olaf Ittenbach e degli Andreas Schnaas, filmmaker che non hanno mai avuto i mezzi per realizzare i propri lavori con dignità ma non per questo si sono arresi.
Roberto Albanesi è ben conscio delle restrizioni di partenza e non tenta, neanche per finta, di prendersi sul serio. Fa invece dell’umorismo una cifra distintiva dei suoi lavori e, nel connubio tra cinefilia e demenzialità, il suo esordio non è poi così distante da quello un po’ in sordina di uno dei registi oggi più celebri, John Landis (non a caso menzionato, a sua insaputa, nei titoli di coda). I credits palesemente inventati sono solo uno dei vari escamotage con cui Albanesi allunga la durata del film per raggiungere il traguardo del lungo. Un altro è l’incipit con otto minuti e mezzo di interviste, spesso del tutto fuorvianti come quella in cui Pietro De Silva descrive dei mostri dalle reminiscenze lovecraftiane. In realtà, ciò che si vede ben presto nel film è un assassino in tuta e maschera antigas che indirizza le aspettative verso uno slasher alla My Bloody Valentine. Nulla di più sbagliato. Dopo il collage di testimonianze da finto documentario e il prologo splatter, la storia di Non nuotate in quel fiume si muove in un ambiente malavitoso da action noir e solo a metà si sposta completamente in mezzo alla natura, nei pressi del corso d’acqua a cui il titolo fa riferimento, acquistando dei toni horror che evolvono velocemente in fantascienza. La struttura libertina non è sinonimo di una trama complessa, che si dipana anzi con semplicità senza giungere a una vera conclusione ma spalancando le porte a un seguito che di fatto già esiste, Non nuotate in quel fiume 2: Lo scontro finale.
Il dittico uscirà in DVD il 13 dicembre grazie alla Home Movies, nome che non dà adito a fraintendimenti. Sulle note in copertina non si fa segreto dell’assenza di budget o della non professionalità di alcuni attori nel lavoro di Albanesi. Le carenze sono di fatto strillate per avvalorare l’intento primario del progetto: divertire (non che sia mai stata premura del cinema ad alto budget annoiare). Se da un lato la consapevolezza dei propri limiti è auspicabile per non degenerare nell’arroganza dell’artista e nel ridicolo involontario dell’opera, dall’altro non deve tramutarsi in un alibi sul quale adagiarsi. Senza necessariamente fare lievitare i costi, dei volti più incisivi per alcuni personaggi avrebbero di certo giovato alla messinscena. Così come le autocitazioni possono risultare, più che innocua canzonatura, autolatria incomprensibile allo spettatore profano. Il successo delle prevendite ha comunque permesso all’etichetta di Chieti di sbilanciarsi prima del debutto ufficiale nella distribuzione, annunciando l’uscita di un altro tassello della filmografia di Albanesi, The Pyramid.