Oltre la follia

Un viaggio malsano e filosofeggiante nella psiche del pornografo più estremo d'Italia

"Povero maiale, tu che sei vittima della violenza umana, io ti amo! Ti adoro!"

Oltre la follia si apre con un libro poggiato su un comodino, una mano si allunga e lo afferra. Il testo è 999 pensieri laici pro e contro l’uomo e il lettore è il suo stesso autore, Luigi Zanuso. La scena ci presenta l’uomo da quattro diverse inquadrature ma sempre comodamente seduto in poltrona e intento a sfogliare i propri aforismi. Seguono i titoli di testa che si chiudono, come da prassi, sulla regia. Ma un nome non basta e sotto all’attuale Luigi Zanuso appaiono altri due pseudonimi: Dario Lussuria e Luigi Atomico. L’estrema ridondanza non permette equivoci. Tutto ruota intorno alla medesima persona con un’autoreferenzialità elevata al cubo. Da un lato si insinua il sospetto che la follia del titolo sia il disturbo narcisistico di personalità, dall’altro si chiarifica immediatamente la forte componente autoriale di un regista dedito a un genere di puro consumo, qual è la pornografia. L’oscenità rappresentata è però ben lontana dall’estetica plastificata del nostro immaginario sull’argomento. Zanuso rifugge dalla ricerca del bello e la gratificazione onanistica è preclusa allo spettatore savio. L’immoralità non riguarda più una visione medievale e peccaminosa del sesso ma si spinge ben oltre senza porsi limiti. Il navigato Zanuso sembra consapevole dell’esistenza di due soli luoghi in cui è possibile dare libero sfogo alle proprie pulsioni, finanche le più basse, senza doverne pagare il prezzo. Ciò che la società nega per salvaguardare la propria sussistenza, non trova alcun freno od ostacolo nel sogno e nell’arte. Così il cinema dell’Atomico rimarca questo principio immergendosi in un mondo puramente onirico.

Conclusi i titoli di testa, l’autore parte citando Diogene di Sinope, l’antico filosofo noto come il Socrate pazzo. Prima una didascalia su sfondo nero ne riporta le testuali parole e successivamente lo stesso regista entra in scena con indosso una tovaglia bianca a guisa di tunica e con una lanterna accesa stretta nella mano destra. Il cinico pensatore cerca l’uomo in un manipolo di corpi nudi e inerti, bloccati nel tempo allo stesso modo delle raffigurazioni che li circondano. Statue, manichini, foto. Ciò che trova è follia. Zanuso, tornato nella propria poltrona, ripone il libro sul comodino e si addormenta mentre l’inquadratura si cala nella sua testa. D’ora in poi il film sarà scandito per quadri, diverse fasi REM di un unico grande sonno, anticipati di volta in volta da citazioni letterarie di Zanuso stesso o del più celebre autore dell’Elogio della follia. A eccezione di tali didascalie, le parole sono quasi del tutto assenti. Il sonoro è composto prevalentemente da musica che può essere di due tipi, classica o disturbante. Allo stesso modo la fotografia oscilla fra una coppia di opposti, scene monocromatiche si alternano ad altre dall’illuminazione neutra ma tutte sono ambientate in un interno astratto con elementi scenografici teatrali e dadaisti. Il parallelo con il palcoscenico è rafforzato dall’uso di maschere bianche da parte di alcuni comprimari. La rinuncia alle proprie identità li amalgama e li annulla allo stesso tempo, mutandoli in neutre comparse di uno spettacolo umano caotico e incessante. Le vere protagoniste sono tre donne, le stesse che amoreggiano insieme nel quadro centrale del film. Non sono ninfe, ma streghe. Le Sorelle Fatali che spinsero alla follia il nobile Macbeth, si dilettano ora con i Signori del nostro tempo. Uomini nudi ma in cravatta, assorti in infinite e assordanti conversazioni telefoniche, giacciono in ginocchio ai piedi di chi sa appagare le loro più inconfessabili perversioni.

I temi sviscerati da Oltre la follia sono i medesimi che ossessionavano Marco Ferreri, il cibo e il sesso. La stimolazione dei sensi non si arresta davanti al mero appagamento, ma si spinge fino al collasso fisico. Liquidi interiori e frattaglie animali sono strumenti di una ricerca sadiana, nuovi gironi della Salò di Pasolini. Salma Hayek che divora carne cruda ne Il racconto dei racconti è un ricordo idilliaco in confronto ai banchetti cadaverici filmati da Zanuso. Nulla è edulcorato, tutto è volto al disgusto. Anche l’aspetto prettamente tecnico rifugge, volente o nolente, dalle più comuni norme estetiche. La camera a mano è spesso incerta sulla traiettoria da seguire. L’operatore svela la propria presenza attraverso l’ombra o il riflesso. I faretti fanno furtive comparse in scena. In definitiva, Oltre la follia non è un film adatto a molti ma, per chi volesse fare una pazzia, è reperibile in DVD.

Autore: Mattia De Pascali
Pubblicato il 17/10/2016

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