Onde Road

A quarant'anni dalla nascita delle ormai mitiche radio libere il regista, Massimo Ivan Falsetta, realizza un’ opera(zione) pop di recupero nostalgico e celebrativo di quegli anni rivoluzionari

A quarant’anni dalla sentenza della Corte Costituzionale, che a metà degli anni settanta, sancì la liberalizzazione dell’etere, dunque la sfrenata nascita di innumerevoli emittenti radiofoniche, le cosiddette “radio libere”, il regista, Massimo Ivan Falsetta, realizza un’ opera(zione) pop di recupero nostalgico e celebrativo di quegli anni rivoluzionari, di redenzione ed esplosione di musica e parole, sintonizzandosi in particolare ( un po’ per le sue origini natali, un po’ per commissione) sulle frequenze che a quei tempi si imposero nella sua Calabria: Radio Talpa, Radio Elle, Radio Valentina.

Percorsi di memorie su e giù tra l’etere e il paesaggio, Onde road appunto, come il calembour del titolo suggerisce, che facendo leva sulla trama (docu) -finzionale distopica, invita lo spettatore a giocare con le reminiscenze dei protagonisti (per tutti, Federico l’Olandese Volante e Awanagana, "pirati" delle storiche Radio Veronica e Radio Montecarlo) – gli speaker pionieri, iniziatori militanti di quelle sovversive sonorità intercontinentali, che furono benzina del cambiamento generazionale – per assimilarne in fondo solo la clamorosa, destabilizzante e forse ancora oggi ineguagliata, linfa vitale.

“ Sono gli anni ‘70 baby! … e non parlatemi di internet!” sentenzia fiera e sprezzante, una provocante bocca femminile, la cui voce antagonista annuncia l’usurpazione delle frequenze radiofoniche contemporanee, per ridestare proprio quell’ era innovativa… che fu. Per ristabilire lo status quo, prende allora a darle la caccia un’agente della fantomatica censura futuribile, che a bordo di una cabriolet rossa fiammante (speculare alle labbra carminie anzidette) dal Nord Italia si spingerà sin nell’entroterra calabrese, incrociando di volta in volta indiziati e testimoni, già autentici Dj ante litteram e musicisti. Special guest della galleria di personalità – personaggi , senza dubbio, Fabrice Quagliotti, tastierista della band space - rock, Rockets, popolare tra gli anni ’70 e ’80 per l’originale uso della distorsione elettronica, nonché per le performance sceniche appunto fantaspaziali. Di scenico in scenico, Quagliotti, che firma anche la colonna musicale del film, interpreta per l’appunto un zemeckiano alieno-autostoppista, che accidentalmente fa ritorno al futuro, per rammentarci, grazie ad inserti di repertorio, le origini di quel vintage di costume e quanto mai di costumi, eccentrico e ancora intrigante. Falsetta si abbandona per questa sequenza alla visionarietà magnetica del video clip, segnando probabilmente la parte più riuscita e coinvolgente della pellicola. Pellicola che, al di là dell’improbabilità di incontrare il favore di un pubblico più vasto della nicchia e del piccolo cult di settore, lancia ad ogni modo spunti di riflessione sui tempi e i media, che segnano i tempi a loro volta, non tanto per la convergenza degli uni negli altri, quanto proprio nella ulteriore smaterializzazione del sentimento/sentimentalismo che li pervade. “Si può avere nostalgia per anni che non si sono vissuti”? ( ben più grande perplessità, che sottende l’intera cultura post sessantottina!) e ancora “…l’ultima volta che ho sentito una radio da una radio?”. In definitiva a restare e a colpire nel complesso è proprio l’insinuazione che, ad essere venuta meno, in modo inversamente proporzionale all’accesso democratico alle nuove tecnologie di comunicazione, sia proprio lo spirito ribelle di sognare con tenace progettualità la conquista dello spazio – vuoto legislativo, anziché naufragarci dentro. Deplora bene, la voce del passato, inganno audiovisivo: “… Molluschi da tablet, ricci da I phone, quando era l’epoca di fare cose grandiose, voi ancora dormivate nel paradiso del ‘forse vengo al mondo’!

Autore: Carmen Albergo
Pubblicato il 19/05/2015

Ultimi della categoria