The Midnight Gospel
Il genio lisergico di Pendleton Ward e la verve di Duncan Trussell, uniti nella spiazzante serie "acida" targata Netflix.
«Finding beauty in the dissonance»
Tool, Schism
Persino da Pendleton Ward era difficile aspettarsi un progetto così destabilizzante come The Midnight Gospel. Pronto a scatenare il proprio genio lisergico in una nuova impresa, dopo la lunga cavalcata di Adventure Time, il creatore delle avventure di Finn e Jake nella Terra di Ooo ha deciso che era giunto il tempo di cimentarsi con l’animazione per adulti. Ma la nuova serie targata Netflix è una Chimera che non esisterebbe senza il comico e podcaster Duncan Trussell e il suo The Duncan Trussell Family Hour. Da qui l’idea di The Midnight Gospel: utilizzare alcune interviste di Trussell agli ospiti del suo programma (esperti vari, comici, scrittori…) per costruirci intorno un’animazione avventurosa e allucinata. Un cartone animato a misura di universo per chi, soprattutto in tempi di isolamento forzato, l’Universo tende ad averlo sempre a portata di mano, stipato in un pc portatile. In ogni episodio infatti lo spacecaster (podcaster dello spazio) Clancy – pelle fucsia, cappello alla Gandalf e una certa familiarità con gli allucinogeni – tramite un simulatore dall’ingresso a forma di vagina, visita gli abitanti di mondi virtuali per intervistarli. Gli argomenti sviscerati spaziano dall’uso di stupefacenti alla reincarnazione, dalla meditazione trascendentale all’accettazione della morte. A prestare la voce a Clancy è ovviamente lo stesso Trussell.
Non bastano le premesse a rendere lo spaesamento dello spettatore alle prese con questo UFO che sollecita, fin da subito, un approccio all’audiovisivo fuori dal comune. In tempi di consumo frenetico e distratto, l’ibridazione di The Midnight Gospel e la peculiarità della sua natura discrepante richiedono, per goderne appieno, una concentrazione a cui siamo sempre meno abituati, ma anche una fruizione più dinamica. A colpire infatti è soprattutto la discrasia tra audio e immagini. Mentre i dialoghi procedono fitti, addensandosi intorno a questioni filosofiche complesse e a temi esistenziali, l’azione intorno ai personaggi si fa caotica e forsennata, l’impianto visivo ricco e psichedelico, soggetto alle evoluzioni surreali che hanno reso celebre l’immaginario di Pendleton Ward. Ci si può ritrovare nel bel mezzo di una apocalisse zombie a sparare ai morti viventi mentre si discorre su come sfruttare la meditazione per gestire le emozioni. Oppure all’interno di una sorta di mattatoio, a riflettere sul martirio di Cristo mentre intorno scoppia una guerra tra esseri bizzarri. L’animazione – affidata alla Titmouse (Big Mouth) – non si preoccupa dunque di restituire visivamente quanto viene detto negli interventi del podcast, né di trovare nessi immediati con l’oggetto dei dialoghi, ma si sviluppa secondo percorsi più autonomi, spesso secondo suggestioni spontanee, criptiche, altrove invece con una più diretta corrispondenza tra testo e immagini (come nel bellissimo quinto episodio). Le due componenti, podcast e animazione, mantengono intatte le loro specificità, restando godibili ognuna di per sé, e trovano al contempo, nella loro commistione, un prodotto che necessita di una partecipazione attiva ed elastica per essere fruito nella sua interezza. Talvolta persino di un rewatch per non perdere dettagli da ambo le parti.
Al di là della sua portata sperimentale che ne fa un azzardo non solo nel campo dell’animazione, The Midnight Gospel è una sfida interessante perché ci pone di fronte a un prodotto bulimico, potenzialmente dispersivo ed eterogeneo (tanto nello stile visivo che in ogni episodio attinge a influenze diverse, quanto nel flusso discorsivo dei dialoghi), permettendoci di districarci dal bombardamento sensoriale e intellettuale tramite una visione e un ascolto lasciati alla libertà dello spettatore esigente, certo liberissimo di perdersi come meglio crede, ma anche di poter trovare le proprie coordinate per un'esperienza più completa. Un tacito invito a riunire i pezzi secondo legami non sempre razionali e a ripensare il ruolo del fruitore. Perché alla fuga verso orizzonti fantastici corrisponde quanto di più lontano possa esserci da un mero bisogno di evasione. Il filo rosso che The Midnight Gospel tesse tra gli episodi, - ripetitivi nella formula della cornice ma ogni volta imperniati sulla variazione come principio interno -, è la sete di conoscenza che spinge Clancy come una sorta di Ulisse new age a viaggiare tra mondi prossimi alla fine. Conoscenza il cui fulcro non può che essere l’umanità, con le sue eterne domande e i suoi dolori.
La serie di Ward e Trussell si muove nel solco della migliore animazione americana degli ultimi anni, dove distorsioni, virtuosismi e un comparto grafico visionario diventano il mezzo per sondare i recessi dell’animo umano (Undone, BoJack Horseman, Rick and Morty, Adventure Time), raggiungere le stelle con i piedi fermamente ancorati, quanto basta almeno, al suolo. O meglio, per scoprire, tra le paure e le afflizioni che ogni percorso evolutivo comporta, l’universo che si cela dentro ognuno di noi. The Midnight Gospel scalfisce ulteriormente la bidimensionalità – solo apparente – del cartoon con il paradosso per cui ai personaggi disegnati, - tra l’altro abitanti di universi simulati dal computer di Clancy -, corrispondono le voci di esperienze realmente vissute da persone pronte ad aprire il loro animo raccontando eventi, a volte drammatici, della propria vita, di lutti e fragilità. Ma anche e soprattutto della necessaria accettazione del proprio posto nel mondo e della tensione continua, refrain tra i più ricorrenti della serie, al miglioramento (superamento) di sé. Nell’ultimo episodio viene raggiunto l’apice emozionale con l’ultima toccante sorpresa: un dialogo con la vera madre di Duncan Trussell, da anni malata di cancro, sulla consapevolezza dell’imminente fine. Una soluzione che, oltre a commuovere, non può che apparire per Trussell come un coraggioso processo di elaborazione del lutto (la donna è morta prima della realizzazione della serie), restituendo il momento di un confronto, intimo e dolce, in immagini dall'afflato universale.