Petrolio
Un'indagine puntuale ed esaustiva sui veri rischi delle trivellazioni nel Mediterraneo

Il documentario Petrolio di Silvio Giannini prende l’avvio ricordando un passaggio oscuro della nostra storia, ovvero la morte mai chiarita di Enrico Mattei, alla quale seguirono il rapimento e la scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, che su questa morte indagava per conto di Francesco Rosi, in procinto di girare, come è noto, Il caso Mattei.
Le brevi note che aprono il film – frasi sintetiche ma eloquenti, senza l’accompagnamento di alcuna immagine - sono dunque già un efficace manifesto, una dichiarazione di intenti, una denuncia urgente e tassativa: nel petrolio sta il nodo pericoloso che incrocia potere e interessi, l’eventualità sempre incombente della collusione tra Stato e mafia. Il petrolio insomma, per citare un’emblematica riflessione contenuta nel film, non è nero, “ma rosso del sangue dei morti che ha generato”.
Se questo vale per le angosciose vicende che furono analizzate magistralmente nel film di Rosi, vale purtroppo ancora oggi – a distanza di decenni – per l’indagine di Giannini: una serie di lunghe e ricche interviste nelle quali vengono messi a fuoco le riprovevoli dinamiche e gli effettivi rischi relativi alle trivellazioni nel Mediterraneo, in particolare nell’area dell’Adriatico lungo la costa pugliese. Rischi che, visti i deludenti risultati del recente referendum, si fanno sempre più concreti e imminenti. Lo chiariscono, con dettagliati interventi, esponenti della politica locale e non (Onofrio Introna, ex Presidente del Consiglio Regionale Puglia; Guglielmo Minervini, Consigliere Regionale; Emilio Romani, Sindaco di Monopoli; Francesco Paolo Sisto, Deputato della Repubblica; Pierfelice Zazzera, ex Deputato), attivisti legati a diverse organizzazioni che si occupano di tutela ambientale (Gianfranco Algeri di Legambiente Area Metropolitana Bari; Rosanna Rizzi, coordinatrice No Trivelle - Terra di Bari; Donato Cippone, del Comitato per la tutela delle coste di Monopoli), e ancora il giurista ambientale Mario Tagliaferro, l’ingegnere ambientale Giuseppe Deleonibus, il professore ordinario Dino Borri. Sottolineando soprattutto come le compagnie petrolifere europee siano state vergognosamente favorite e facilitate dai governi che si sono succeduti, a totale svantaggio delle realtà locali, in spregio alla salvaguardia del (nostro) territorio, che peraltro è uno dei più ricchi di biodiversità in Europa.
Non è un generico anelito ambientalista che muove l’autore del film, non è su un sentimento di empatia con la bellezza e la magnificenza di una Natura sempre più minacciata che Petrolio fa leva; a guidare il regista nelle pieghe recondite di un’indagine complessa e articolata è la ferma e concreta volontà di portare alla luce certe pericolose storture di una politica assolutamente miope e incredibilmente avventata.
Basti ricordare la presenza, nei fondali adriatici, di depositi di ordigni della Seconda Guerra Mondiale e della più recente guerra nei Balcani: si tratta di bombe a caricamento chimico che contengono sostante tossiche e cancerogene (come il fosforo, in grado di causare terribili ustioni). Su questo vero e proprio campo minato, i bombardamenti ad aria compressa usati per rilevare giacimenti petroliferi in mare (metodo Air Gun) quali effetti potrebbero causare? Oltre alla distruzione gratuita e indiscriminata della fauna marina, quali nuovi disastri ambientali si rischia di provocare?
A distanza di trenta anni esatti dalla tragedia di Chernobyl, mentre la centrale ucraina continua indisturbata ad emettere radiazioni letali, l’Italia (e non solo) sembra vivere ottenebrata in un presente soporifero completamente slegato dalla storia. Forse, più che l’indifferenza e gli abusi di un potere che in fatto di tutela ambientale agisce in maniera sempre più indiscriminata, stupisce la totale mancanza di coscienza di quei cittadini che saranno costretti a pagare in prima persona le distruttive conseguenze del loro ottuso disinteresse.