A proposito di Franco
Un documentario che vuole rendere omaggio e forse anche giustizia, in un certo senso, a uno dei protagonisti di una delle nostre migliori stagioni cinematografiche
Ancora poco studiata, forse non del tutto compresa, l’opera di Franco Indovina è di fatto un tassello non irrilevante della filmografia italiana degli anni Sessanta. L’autore lavorò con i migliori attori dell’epoca – Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni e anche Carmelo Bene – cimentandosi con poliedricità in territori diversi, esplorando un registro che andava dalla commedia al dramma passando attraverso l’onirico e il surreale – Lo Scatenato, 1968 – e anomale rievocazioni storiche – Tre nel mille, 1970.
Ma il suo percorso inizia al teatro, dove fu assistente del grande Luchino Visconti, per proseguire poi con un importante periodo di formazione come aiuto regista cinematografico al fianco di autori della levatura di Francesco Rosi (per il quale lavora a Salvatore Giuliano), Michelangelo Antonioni (che affianca in ben tre film: L’avventura, La notte e L’eclisse), e Vittorio De Sica (con Matrimonio all’italiana).
Il regista Gaetano Di Lorenzo ha alle spalle parecchi titoli fra corti e documentari, sempre premiati e accolti positivamente - ricordiamo la retrospettiva dedicatagli al Museo del Cinema di Torino nel 2010, poi proiettata anche a Parigi – quando arriva a girare A proposito di Franco, film selezionato al Via Emili@DocFest - Festival del documentario on line. Alternando numerose interviste, filmati di repertorio e qualche brano di fiction che ricostruisce eventi reali, il documentario ripercorre cronologicamente la vita e – soprattutto – l’opera di Indovina, siciliano come Di Lorenzo. Attraverso le parole di Francesco Rosi, di Ennio Morricone, della figlia (e attrice) Lorenza Indovina viene fuori l’immagine piuttosto nitida di un uomo brillante, di un regista in perenne movimento, di un padre (piuttosto assente sembrerebbe) sempre desiderato e assieme profondamente stimato.
Marco Giusti ed Emiliano Morreale offrono uno sguardo critico su corpus filmico numericamente ristretto e tuttavia interessante: per le visioni già imbevute di pop-art nel divertente Lo Scatenato, dove Gassman è un attore di pubblicità curiosamente perseguitato da animali di ogni sorta, fino all’anomalo Medioevo di Tre nel mille, opera che nasce per la televisione e che Ingmar Bergman ammirò a tal punto da voler presentare lui stesso le varie puntate che andarono in onda in Svezia. Produttori, costumisti scenografi e montatori ricordano ognuno a proprio modo la figura di Indovina, dentro e fuori dal set, senza dimenticare la sua relazione con la principessa persiana Soraya, poi diva del jet set, che il regista conobbe dirigendo il suo primo film: l’episodio Latin Lover, dal lungometraggio I tre volti, nel quale a una Soraya neo-attrice si affiancava il navigato Alberto Sordi.
Infine, i giornalisti Francesco Terracina e Lucio Galluzzo rievocano il luttuoso disastro del volo Alitalia 112, l’indimenticata tragedia a causa della quale nel 1972 Indovina - a soli quaranta anni - trovò la morte assieme a più di cento persone.
Un documentario ricco di parole e di immagini, che vuole rendere omaggio e forse anche giustizia, in un certo senso, a uno dei protagonisti di una delle nostre migliori stagioni cinematografiche; una riflessione che oscilla tra privato e pubblico, e a tratti trasuda – ma in modo mai spiacevole – di malinconia, perché in questo riuscito ritratto di Indovina, scomparso così presto, si vuole esprimere anche un senso di mancanza e di perdita tanto per l’uomo quanto per il regista, il cui percorso artistico si sospende dopo solo sei film con una inaspettata, definitiva interruzione. Di Lorenzo esorcizza allora questa dolorosa assenza mutandola come per incanto in presenza attraverso il potere evocativo delle immagini: quelle del suo documentario e quelle del cinema di Indovina.