“In qualche modo è avvenuta una sorta di pornografizzazione della società.
Tutto sembra girare intorno al sesso,
ad un sesso esibito, parlato, consumato, condiviso.”
Susanna Tamaro
Tutto sembra girare intorno al sesso; anzi, siamo più sinceri, tutto gira intorno al sesso. O meglio tutto gira intorno alla merceficazione del corpo e del sesso. La pornografia è un business, lo è da sempre, sia a livello professionale sia oggi a quello amatoriale. Telefonini, webcam, internet, sono gli ingredienti contemporanei per un mercato domestico del sesso condiviso e condivisibile. La rivoluzione digitale ha ulteriormente creato materiale di consumo, pornografico e non, fagocitabile velocemente per internauti dagli occhi pesanti, dalle mani livide e dai polsi doloranti. Dall’altra parte queste mini tecnologie hanno dato la possibilità a ragazze, maggiorenni ma non solo, di esibirsi e farsi vedere, di mostrarsi ed anche di guadagnarci.
Raunch girl, termine che letteralmente sottolinea un atteggiamento sessualmente ostentato, è un documentario di Giangiacomo De Stefano in concorso al ViaEmilia Doc Fest e prodotto da La Sarraz Picture – casa di produzione che già conosciamo per alcuni suoi ottimi lavori documentari ma soprattutto per il film dei fratelli De Serio Sette opere di misericordia – in compartecipazione con la neonata Sonne Films. Occupiamoci della storia.
Clara è una ragazza che ha voglia di apparire. In tarda età adolescenziale inizia a posare in costume per alcuni siti porno indipendenti americani. Lei si fotografa e questi siti le comprano le foto. Facile, comodo ed economicamente fruttuoso. Diventata ormai maggiorenne, Clara entra nel mondo dell’hard, mercato altrettanto facile, comodo ed economicamente fruttuoso. “Se è così facile, perché non lo fanno tutti?“, si domanda. Con queste premesse, come dargli torto? Decide di creare un sito porno amatoriale sulla scia di uno dei più famosi siti porno amatoriali, Suicide Girl: lo chiamerà Naked Army. Foto, tatuaggi, pornografia, trucco, vestiti, messa in scena. Precisiamo: astenetevi lettori che siete soliti “leggere con una mano sola“, così come venivano definiti dalla giornalista e scrittrice Angela Lambert i goliardici del joystick; questo infatti non è un documentario pornografico, ma un racconto intimo di una vita particolare che appartiene a molti. Clara è una ragazza fragile, come tante; è una ragazza che vuole essere riconosciuta, vuole essere vista, vuole apparire, come molti. Ma questa è anche una storia di desideri e frustrazioni, sotterfugi e bugie dette per non essere beccati dai propri genitori. Il ragazzo la lascia, “poi la gente deve sempre parlare” dirà, ma questi parleranno sempre anche di lui e della sua diversa dipendenza. Clara è un’artista, fa anche del burlesque, si indentifica con un’altra figura attraverso un vestito di carne ma allo stesso tempo crede e si risente, si rattrista della propria incapacità di abbandonare un personaggio nato in lei; inizialmente nato come una passione trasgressiva e stuzzicante, diventato poi un lavoro che richiede una costanza ed un’immedesimazione totale. Al di fuori del suo personaggio, confessa di essere un’altra. La ricerca di popolarità arriva a fare i conti con la fame del mercato. Il processo digestivo del consumo pornografico dura poco; il corpo stesso, mercificato ed immediatamente digerito dall’utenza, risente dell’incapacità di apparire e resistere almeno un altro poco. Quanto basta per comprenderlo. I sogni di una ragazza dall’esibizionismo spontaneo vengono comprati come una saponetta, ma almeno quest’ultima è capace di resistere per più di due lavaggi.
La regia è brava a non confondersi con il sesso, a non sfociare nel pecoreccio, rimanendo sempre a debita distanza dall’atto, lontano dal fallo in gioco, interessandosi più alla vittima, Clara e le altre ragazze molto spesso raggirate dal sistema e dalle regole del mercato pornografico, che al carnefice. Lo sguardo si posa indisturbato e nascosto, il regista ci mostra una storia in progress attraverso pedinamenti silenziosi, controcampi celati dietro la quinta dei soggetti intervistati, di natura molto cinematografica. De Stefano ci mostra il persorso di una ragazza che vuole aprire un sito porno amatoriale, ci racconta di lei ma poco del mondo a cui partecipa. Rimane sul personaggio ma non molto sul teatrino delle esibizioni. Rifiutando così di raccontarci le meccaniche di un universo stratificato e capillare, capace di raggiungere tutti, di rendere tutti concorrenti, tutti belli ed esposti sul marmo bianco come carne in vetrina. Da mangiare e digerire, più in fretta possibile.