The Repairman
Paolo Mitton firma una commedia minimalista di temperamento italiano
Questa è la storia di Scanio Libertetti, un personaggio fuori dal tempo che, muovendosi nello spazio provinciale piemontese, occupa un posto nel mondo con una leggerezza ed una lentezza tale da estraniarlo al di la della velocità ritmica e convulsa del mondo. Un punto di vista adatto all’osservazione microscopica dell’oggetto, compagno fedele di un cactus, statico anch’egli come quella spinosa pianta d’accompagnamento. Di mestiere ripara meccanismi elettrici sotto la pressione del suo capo, sincopato personaggio telefonico, ed ansioso superiore da calmare e rassicurare con pacata rassegnazione.
Il personaggio principale dell’opera prima di Paolo Mitton, The Repairman, si identifica in un outsider incompleto come quel nome da tutti inconsciamente completato, metafora dell’incapacità contemporanea nella pausa riflessiva verso un mondo che corre senza sosta, senza possibilità alcuna di riconoscere tra la totalità del tutto la pausa del dettaglio. A-Scanio, quindi, con quella vocale aggiunta come naturale completamento di una società cinetica disattenta, conoscerà H-elena, giovane ragazza inglese, che nel nome possiede una consonante in più, naturale e complementare integrazione al suo nome ed all’identità di Scanio. Tra un girotondo di amici totalmente inseriti nella società, sposati o vincenti o integrati, dei personaggi stralunati sempre pronti a suggerire a Scanio la soluzione giusta ai suoi problemi, l’opera di Mitton si racconta attraverso una formula che unisce le due caratteristiche proprie della commedia italiana: quella di carattere e quella di costume, traducendosi in una commedia che potremo definire di temperamento. Dagli effetti speciali dei grandi kolossal statunitensi (Troy, La fabbrica di cioccolato) fino ad arrivare al minimalismo de The Repairman, il regista struttura la storia di Scanio all’interno di una cornice che racchiude il racconto del protagonista, un Daniele Savoca – già attore feticcio di Louis Nero - veramanete molto integrato e credibile nel personaggio che interpreta. Le digressioni del racconto narrato scandiscono i tempi dilatati della commedia che s’infiamma di battute surreali e comiche durante le cene organizzate dagli amici, nelle quali vengono inclusi in una stanza tutti i personaggi con un punto di vista frontale come un proscenio proprio della struttura e della messa in scena di stampo teatrale.
Attraverso delle scelte registiche misurate e sul controllo perlopiù orientato verso la sottrazione del mostrato, The Rapairman si configura come una delle sorprese del panorama indie nostrano. Il compassato svolgimento della trama certo risente un poco nel finale di una lentezza ed eccessiva compostezza nella chiusa finale del film, non possedendo quelle capacità (in scrittura) e malizie (registiche) proprie di opere ed autori più navigati; smagliature su un prodotto finale che non ne offuscano certo (e troppo) il valore complessivo, e perlopiù comprensibili (e perdonabili) se la si considera (come è d’obbligo fare) come imperfezioni di un’opera prima. Facendo cara la lezione del filone, vasto e diffuso, tutto nostrano dell’outsider, sia cinematografico che non – si pensi per esempio ai primi lavori del filone letterario de I Cannibali oppure alle prime opere di Virzì - The Repairman rimane nella totalità della sua visione un’opera allo stesso tempo divertente, fresco e naif.
Un film da vedere e seguire nelle sue multiple visioni lungo tutta la penisola italiana, ma soprattutto un film che sottolinea in Mitton un regista da tenere sotto osservazione nell’attesa di una seconda opera che confermi e suggelli i tanti aspetti positivi che si intravedono e si riconoscono in questa sua prima esperienza.