
Umido, sporco, urla, delinquenza, sacchetti della spazzatura utilizzati come pali dai bambini, volanti della polizia che no, non si vedono; e poi: cemento sgretolato che cade giù, dalle colonne portanti del Roma Residence - che dà il titolo a questo lavoro -, parcheggio a basso, bassissimo costo scelto dal Comune di Roma, per indigenti in attesa di un alloggio popolare atteso da oltre vent’anni. In Via di Bravetta, dove è situato il residence, ci arrivi dal bellissimo quartiere di Monteverde, dove uno dei polmoni verdi di Roma, Villa Pamphili, fa da cornice a splendidi ed eleganti palazzi e villette monofamiliari. Ci puoi arrivare anche, per contro, da una delle zone più degradate della capitale, quella Via della Casetta Mattei dove è posizionato un altro scempio architettonico/sociale: il tristemente noto Serpentone del Corviale, di cui Via di Bravetta è la naturale e toponomastica prosecuzione. Comunque, da qualunque parte ci vuoi arrivare, ciò che troverai sarà solo degrado e condizione di miseria, associata ad un livello di vivibilità che non fa più scandalo, poggiato su un fianco pronta ad affondare, come la Costa Concordia all’isola del Giglio. Tale condizione non nasce nel recentissimo passato, ma le diverse amministrazioni capitoline che si sono succedute, da Franco Carraro giù fino all’attuale camerata Alemanno – autore tra l’altro nel documentario, di un siparietto razzista con una cittadina Rom che ha del penoso – non hanno contribuito ad evitare.
La storia fu ripresa dalle telecamere di Rai 3 nel 2003, all’epoca denominato Residence Bastoggi, con un inchiesta realizzata e mandata in onda nello stesso anno; da qui lo spunto da cui ci è mossa la cinepresa del quartetto Andrea Foschi, Marco Stefano Innocenti, Marco Neri e Pietro Pasquetti, che ha seguito per quasi un anno, precisamente da Giugno 2006 a Maggio 2007, l’evolversi, e magari il risolversi, delle tristi e assurde vicende dei poveri abitanti del Residence. Nulla pare cambiato, tante promesse e terreno fertile per campagne elettorali subdole e ipocrite. Roma Residence, presentato nella sezione Italiana Doc del 25° TFF, dovrebbe far parte di quel filone di documentari – di cui Point Blank si è occupata spesso e che ha a cuore - sulla lotta per l’abitazione, sul sacrosanto diritto alla casa come costituzione sancisce, finendo però col mal conciliarsi con le intenzioni iniziali, rimanendo soltanto una sterile e retorica brutta copia di quel documentario di Rai 3, che messo a fianco del lavoro dei 4 registi, che hanno avuto addirittura in Gianfranco Pannone una valida mano per la supervisione post-produttiva, nulla ha a che vedere. Inoltre mette sullo stesso piano persone aventi pieno diritto legale con chi vive ai limiti della legalità, bambini messi al centro del narrato come a chiedere a forza la pietas dello spettatore. Rimangono una successione di bellissime immagini, ma nulla più. Peccato ci vien da dire, per un prodotto su un tema potenzialmente deflagrante come quello del diritto ad avere una casa, che non fa che una piccola scintilla, causa forse la corta miccia o la poca polvere da sparo al suo interno, o per dirla con Flaminio Maphia, uno del duo abitante precario del residence: “Quelli che fanno bordello e la buttano in caciara”.