The Russian Woodpicker

Chad Gracia racconta la storia di un giovane uomo alla ricerca del perduto passato ucraino, in un documentario dinamico che sa assumere i toni del thriller.

Il Life Tales Awards 2015, uno dei premi del Biografilm Film Festival, è finito con una certa giustizia tra le mani dell’americano Chad Gracia, che con il suo primo lungometraggio ha saputo raccontare una storia di un giovane uomo alla ricerca del passato perduto d’Ucraina. Fedor Alexandrovich ha avuto un’infanzia difficile, come tanti altri suoi coetanei, a causa del disastro di Chernobyl. Un disastro che segnò il declino tecnologico dell’Unione Sovietica, l’arretratezza nascosta di un impero si svelava in tutta la sua disastrosa realtà. Dopo più di vent’anni la tragedia della centrale nucleare è, ancora, costellata di misteri. Il mistero, la segretezza, è sempre stato un simbolo del regime comunista. Fedor è un’artista e la sua creatività lo porta a lucidi pensieri, scambiati dall’uomo comune per scatti di pazzia. Fedor sa che i fantasmi dell’USSR non sono mai morti e che, anzi, in quanto spettri sono destinati ad abitare le terre delle quali esistevano come istituzione. E se il segreto del disastro radioattivo fosse nascosto a pochi chilometri da Chernobyl, nei meandri dei boschi oltre la città? Dove sorge un mostro di metallo, grande il doppio delle piramidi di Giza: il Duga.

Per quasi tutto il periodo che convolse la Guerra Fredda l’impianto della Duga deliziò i timori complottistici d’Occidente. Un sistema in grado di emettere onde radio a bassa frequenza (percepite come un ossessivo ticchettio, da qui il soprannome di woodkpecker) in tutto il globo. Sia per difesa antimissilistica, o per controllare il movimento balistico di tutta la ionosfera o, come molti media statunitensi temevano, per controllare le menti dei popoli democratici, delle vere funzionalità del Picchio poco ci interessa. Gracia non si perde nel seguire i timori del primo mondo, si concentra sul viaggio verso le ombre che Fedor decide di intraprendere. Le ossessioni del protagonista nei confronti del possibile contatto tra la Duga e Chernobyl, se all’apparenza senza fondamenta, lentamente prendono le inquietanti vie dell’incrocio. E’ uno scavare fatto di ricerche, sia di fonti scritte che orali.

Il punto di forza del documentario è nelle interviste ai teneri vecchietti che si godono la terza età nelle calde abitazioni ucraine. In realtà sono gli ingegneri e gli ufficiali militari dell’ultima Ucraina sovietica, i fantasmi, appunto. In un modo o nell’altro, grazie soprattutto ad incorreggibile tenacia, Fedor ordina i pezzi di un puzzle terribile. Il documentario svolta verso l’inaspettato, assumendo i toni del thriller noir. La polizia segreta ucraina bussa alla porta di Alexandrovich. La premessa è d’obbligo: nel momento in cui Fedor sta indagando è l’inizio del 2014 in un Ucraina è presidente Janukovich, vassallo di Putin. Fedor è intimorito e non solo interrompe le indagini ed un viaggio per Mosca, che avrebbe dovuto concludere le sue ricerche, ma fugge dall’Ucraina.

Gracia è capace di raccontare gli sconvolgimenti politici che hanno attraversato la fase dell’Euromaidan con un taglio dinamico, con un documentario che si conclude con il ritorno del protagonista a Kiev durante i giorni della rivoluzione e del conseguente bagno di sangue. Fedor Alexandrovich è uno di quegli uomini che nella Russia odierna ha sempre visto le eredità del regime sovietico e che nelle brutture che attraversano la Crimea e dintorni trova le avvisaglie di una Terza Guerra mondiale. Sofismi politici o esagerazione, chi lo sa, ma sono giorni durante i quali i fantasmi rossi tornano a respirare nelle tundre. E gli ultimi due minuti del documentario sono degni del miglior noir politico.

Autore: Diego De Angelis
Pubblicato il 14/06/2015

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