Hotline

La regista argentina Silvina Landsmann ci presenta la realtà di una piccola NGO che opera nell'ambito dell'immigrazione.

Presentato alla Berlinale di quest’anno l’ultimo film della regista argentina Silvina Landsmann giunge al Biografilm Festival nella sua seconda presentazione europea. Hotline è una piccola NGO (Organizzazione non governativa) che opera nell’ambito dell’immigrazione, Landsmann ne segue le operazioni quotidiane, le battaglie in tribunale, la costante difficoltà di adattarsi alle durezze derivanti dalla politica del Paese.

La regista, ospite in sala, prima della proiezione ammette le due difficoltà maggiori avute in fase produttiva: sfidare la paura di fallire nel tentativo di girare in luoghi poco inclini ad aprirsi alle telecamere, come l’interno delle carceri o nella aule del Ministero dell’Interno; e la seconda problematica si è presentata solo a livello di editing, quando, inaspettatamente, si è ritrovata con più di trecento ore di riprese da dover montare.

Senza nessuna retorica, anzi, con uno spirito registico spassionatamente curioso, Landsmann si addentra negli uffici di Hotline e ne segue il lavoro quotidiano dei volontari e dei pochi dipendenti, la presenza della macchina da presa è costante ma mai invasiva. E’ gradevole poter assistere ad un documentario nel quale non ci si rivolge mai alla camera, nel quale non esistono voice over e dove non è mai presente un’intervista. Nonostante le tematiche siano complesse da affrontare anche a livello giuridico, per lo spettatore è consentita la totale comprensione dei fatti che più mettono in crisi il lavoro di queste NGO: da un lato l’Israele delle Leggi rifiuta l’accezione della differenza tra clandestino e migrante, dal basso il popolo non è più disposto ad accettare nelle periferie ondate migratorie che rimangono bloccate spesso a causa della burocrazia stessa.

La totale assenza di voci fuori campo od interviste è una scelta coraggiosa e che libera da ogni possibile retorica il film, rendendo i problemi vissuti dai volontari da una parte e dai migranti dall’altra senza il filtro di un montaggio che rischiasse di farne perdere la spontaneità. E’ anche vero però che a volte il prodotto perde di forza, soprattutto nei minuti finali, quando il sintagma presentazione dei problemi dell’immigrato rischia di diventare ridondante.

Nonostante l’opera sia incentrata sulle gesta dell’eroica truppa di Hotline trapelano inevitabili i costanti presagi di disperazione e morte che circondano i migranti. Difficilmente si entra nelle loro vite personali, ma quando succede, Landsmann, di nuovo, riesce a darne uno sguardo cupo, doloroso, e mai che sappia di giudizio personale e politico. La regista riesce a testimoniare i due volti di Israele: quello fobico e chiuso della burocrazia degli uomini istituzionali e quello che non ha perso la memoria di un passato non remoto nel quale erano gli ebrei il popolo eletto all’immigrazione forzata.

Autore: Diego De Angelis
Pubblicato il 08/06/2015

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